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Gioventù bruciata

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Dalla caduta di Kabul in poi abbiamo visto due volti – diametralmente opposti – delle truppe talebane: i giovani soldati che con un Ak-47, i sandali di plastica ai piedi, una coperta come mantello d’inverno, il tradizionale abito shalwar keemiz indosso a prescindere dalle stagioni hanno sconfitto truppe molto meglio equipaggiate e armate.

Talebani 313 Badri
Talebani 313 Badri

Le unità speciali dell’Emirato come la 313 Badri, che abbiamo visto in azione all’aeroporto, sono riuscite rapidamente a mettere le mani sul materiale stipato nei magazzini dell’ANA, l’ormai disciolto esercito nazionale afghano, e in breve sono apparse in pubblico equipaggiate come gli ex-commando afghani e praticamente indistinguibili rispetto alle forze speciali americane o di Paesi Nato.

Talebani 313 Badri
Talebani 313 Badri

I soldati semplici hanno invece scelto di dedicarsi ad altre attrazioni di quelle grandi città, in primis Kabul, che mai avevano visto oppure dove erano stati solo per individuare obiettivi da colpire o portare messaggi.

Sono i ragazzi nati e cresciuti nelle montagne o nelle aree rurali, finiti a combattere per il salario mensile, spinti dalla propaganda religiosa del mullah del villaggio o per legami clanici e familiari con questo o quel comandante locale.

Talebani a Band-e Amir
Talebani a Band-e Amir
Talebani a Band-e Amir
Talebani a Band-e Amir

Quei ragazzi li abbiamo visti andare sulle autoscontro alle giostre, godersi altalene attaccate alle ali di vecchi bombardieri bi-elica, girare sulle pale di un milionario elicottero Black Hawk, sulle barchette a forma di cigno sui laghi di Band-e Amir. Sono immagini che hanno strappato un sorriso a molti, apparse persino goffe e ridicole tanto che il ministero alla Difesa, il figlio del Mullah Omar, ha dovuto emettere una circolare per vietare comportamenti del genere.
Personalmente, sono scene che non mi hanno meravigliato, mi hanno solo messo una grande tristezza. Non ho mai considerato i soldati talebani dei “cattivi” a prescindere e quindi non mi sorprende vederli comportarsi da bambini cresciuti. In quelle immagini di uomini goffi che giocano come durante la ricreazione di quella scuola elementare a cui mai sono andati, vedo un’altra cicatrice lasciata dalla guerra sul tessuto sociale dell’Afghanistan.
La guerra ha rubato l’infanzia e la gioventù a milioni di giovani afghani, molti di loro hanno perso la vita, altri parti del proprio corpo, tutti hanno perso quell’innocenza che non ritroveranno mai più. E’ stato un furto d’innocenza, di istruzione e di gioco, con le armi giocattolo diventate vere.
I conflitti fanno danni a lungo termine che non vengono mai conteggiati nei bilanci che parlano dei morti e dei feriti (quelli della cui morte nei giorni successivi non sapremo mai), poi arriva un ormone con un lanciarazzi a spalla in barchetta e te ne rendi conto, se hai occhi per osservare.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere