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E mo’?

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Il dialetto campano è un tesoro di espressioni che in due parole riescono a sintetizzare concetti capaci altrimenti di riempire una pagine e mezza; quella che uso come titolo di questo post è la sintesi per eccellenza di ogni dubbio e perplessità dopo aver compiuto un primo passo. Letteralmente significa “e ora?” ovvero “e ora che succede?…che facciamo?…come ci comportiamo?…”.  Confesso che è l’unica espressione che mi è venuta in mente pensando a quanto succede in Libia. Dopo aver perso almeno un paio di settimane in cui i ribelli avevano il “momentum” come dicono gli americani, ovvero l’inerzia della “partita” dalla loro parte, la comunità internazionale – comunque miracolosamente unita – è riuscita a ritrovarsi su una mozione Onu solo quando le truppe di Gheddafi avevano ormai ribaltato la situazione militare e al posto di difendersi, stavano andando all’assalto di Benghazi, insomma quando un massacro era pronto per essere servito.
I bombardamenti – cominciati senza un comando unico, tra la voglia francese di mettersi in mostra e quella americana di fare in fretta – hanno ormai raggiunto il loro obiettivo. L’equivoco servito a Russia, Cina, Germania e altri per nascondersi dietro l’astensione (ovvero quella della no-fly zone come una sorta di mera operazione di pattugliamento dei cieli, da vigili urbani dell’aria) si è subito sciolto quando sono cominciati gli attacchi – più che prevedibili, anzi scontati – per annientare la contraerea, la flotta aerea a terra e più in generale la capacità militare libica.

Una volta garantita la sicurezza dei cieli per i piloti alleati, una volta garantito (la conferma oggi con l’abbattimento di un jet libico da parte di un caccia francese) la supremazia aerea occidentale, se i ribelli non riescono a rovesciare Gheddafi cosa succederà? Siamo già a questo punto visto che ieri, l’aviazione britannica ha certificato che quella libica non esiste più.
E ora?  La colazione (ormai a guida Nato) si esporrà talmente tanto da continuare a bombardare colonne militari gheddafiane – come nel primo giorno – a prescindere dal mandato della protezione di civili? Ovvero bombarderemo l’esercito con la bandiera verde quando semplicemente si muove sulle strade o solo quando sta per compiere un massacro come sta accadendo a Misurata? Insomma, la coalizione proverà a far vincere i ribelli con tutte le conseguenze politiche del caso presso le masse del mondo arabo?
I ribelli sono divisi politicamente e male organizzati militarmente (vedi qui, per esempio) e pare improbabile che possano consolidare la loro avanzata fino a ed oltre Misurata, almeno in tempi brevi. Al momento appare impossibile che possano arrivare fino a Tripoli spingendo la ribellione in loco a rovesciare Gheddafi. Tra l’altro nel complesso mondo delle tribù libiche non è chiaro cosa stia accadendo in termini di alleanze, un dato non secondario.
A quel punto cosa succederà? Avremo un paese diviso in due tra la regione di Tripoli gheddafiana e la Cirenaica in mano ai ribelli, addio alla Libia per come l’abbiamo conosciuta sin’ora?Per dirla col corrispondente della Cnn dal Pentagono, la crisi ha un “murky outcome”, se preferite l’inglese al napoletano.

Sono tutte domande, secondo me, senza risposte al momento. La guerra è un vaso di pandora, un mostro che è sempre difficile da domare; una trottola con la corda che una volta lanciata non sai mai dove arriva. E’ come salire su un treno, tutti sono convinti che seguirà i binari ma a metà strada si accorgono che c’è uno scambio aperto oppure che la motrice ha deragliato.
Quella negoziale potrebbe essere una soluzione ma anche questa pare al momento compromessa, per diversi motivi. In primo luogo per la superiorità militare dei gheddafiani e per la riserva economica “cash” di cui gode il raiss. Diciamo che è anche colpa delle scelte italiane. Il nostro Paese che pure – ci piaccia o meno – aveva un rapporto preferenziale con il raiss l’ha ormai perso, eppure avrebbe potuto in qualche modo usarlo per trovare una soluzione mediata. L’Italia è ormai riuscita a rendersi invisa ai ribelli, che ci considerano amici di Gheddafi, ed a farsi considerare una traditrice dal regime di Tripoli. Un colpo due fallimenti, c’è poco da dire. Capita quando si confonde la politica estera di un Paese con il rapporto personale di un politico con un altro.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere