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La non-battaglia di Marja

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La più grande operazione dai tempi dell’invasione del 2001 mai svolta, sin’ora, in Afghanistan. E’ stata definita così l’operazione “insieme” (mushtarak), iniziata sabato mattina nel sud dell’Hellmand. In realtà quella di Marja non è una battaglia, nonostante i 15mila uomini coinvolti e le centinaia di mezzi utilizzati, tra elicotteri e blindati. Voglio dire che è tutt’altra cosa da una sorta di scontro finale tra talebani e militari occidentali come potrebbe sembrare da certi “titoloni” a cui l’operazione pur si presta. I talebani sono e resteranno un movimento di guerriglia che colpisce e scappa via, un nemico fantasma che sa benissimo quando scomparire per evitare lo scontro frontale con il colosso militare straniero che preferisce invece logorare. A Marja è già chiaro chi ha vinto, gli occidentali. Del resto nel sud del paese non è la prima volta che un’operazione del genere riesce, vedi Musa Qala che è il vero paragone da fare a questa operazione piuttosto che la Falluja più volte agitata in questi giorni (la durissima – quella sì – battaglia combattuta casa per casa dagli americani in Iraq, non senza vittime civili). In pratica non c’è alcun dubbio che alla fine di questa lunghissima operazione (dopo vedremo perchè lunghissima) gli occidentali avranno il controllo della città, diventata negli ultimi anni una base talebana e raffineria di oppio su scala industriale. Il punto è capire se riusciranno o meno a sostituirsi ai talebani nel governo della zona se quel “government ready in the box” che gli occidentali stanno portando con sè farà toccare con mano agli abitanti dell’area che esiste un governo afghano e che, soprattutto, conviene sostenerlo perchè porta con sè sicurezza, ricostruzione, assistenza. Insomma il cuore della dottrina del generale McChrystal per battere la guerriglia portando la popolazione civile dalla propria parte. Ed è cruciale anche perchè intorno a Marja si concentrano i villagi dove vive il grosso della popolazione della provincia.

Per ora la popolazione civile ha contato dodici vittime, colpite per sbaglio da due razzi (pare che la famiglia fosse in una casa dalla quale sparavano i talebani), e l’assenza di soccorsi ai feriti denunciata oggi da Emergency che nella capitale della provincia gestisce uno dei suoi tre ospedali afghani.

Annunciata da mesi (tra le righe di interviste e corrispondenze dall’area), l’operazione è stata addirittura anticipata nelle ultime  settimane con il lancio di volantini per spingere la popolazione ad evacuare l’area. Questo ha dato il tempo ai talebani di fuggire e di trasformare i campi e i canali (cruciali per spostarsi nelle zone coltivate dell’Helmand, che è in generale provincia desertica) nel più grande campo minato del paese, che è uno dei più minati al mondo. Questo sta rallentando, in maniera estenuante, l’avanzata dei Marines americani che stanno impiegando anche ore per percorrere poche centinaia di metri ed esponendoli al fuoco di cecchini e ad imboscate, oltre a bloccare i mezzi che già di per sè (compreso il nuovo anti-mine “breacher”) sono messi a dura prova da questo terreno. Un po’ di dettagli sull’operazione (sembra per l’occasione dimenticato il divieto militare di descrivere operazioni in corso) vengono dalle corrispondenze del NY Times che ha un reporter embed con la prima avanguardia dei marines, quella arrivata in elicottero alla periferia della città. Il Washington Post ha invece un reporter al seguito della seconda onda, quella arrivata via terra. Il quadro lo completa la Bbc che ha un inviato al seguito delle truppe britanniche che stanno operando sui fianchi nel distretto di Nad Ali.

Ma, al di là dello scontro sul campo, a Marja la vera battaglia comincerà quando le operazioni militari saranno finite e non basterà una bandiera afghana issata sulle sedi governative (abbandonate da tempo) a dire che lì è tornato il governo di Karzai.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere