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601 ma non frega a nessuno

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Mappa da www.understandingwar.org 15 ottobre 2023
Mappa da www.understandingwar.org 15 ottobre 2023

Quello di oggi è il seicentounesimo giorno di guerra in Ucraina ma a guardare giornali e tv, il conflitto sembra terminato. Dal sette ottobre, la lavatrice dell’informazione contemporanea in perenne modalità centrifuga ha visto l’ultima notizia scacciare la penultima, il conflitto in Ucraina sostituito da quello in Medio Oriente.
Per uno come me, diventato giornalista sul finire dell’era analogica, il digitale ha rappresentato una grande speranza per raccontare di più e meglio. L’informazione in tempo reale si è però trasformata nell’era in cui l’informazione non ha il tempo di pensare, in cui ha vita breve la memoria delle persone, bersagliate da contenuti (non solo giornalistici) di ogni genere. Sono meccanismi, questi, drammaticamente funzionali al marketing della guerra.
Un tragico destino vuole che il conflitto in Ucraina scompaia proprio nel momento migliore per il potere, quando nel sud-est del Paese le temperature cominciano a calare, le piogge si intensificano, il terreno si trasforma in fango e le manovre di fanteria meccanizzata diventano sempre più difficili se non impossibili. Insomma quando la stagione dei combattimenti più intensi si conclude e sarebbe l’ora dei bilanci. Ad oggi la realtà dei fatti ci dice che è fallita la cosiddetta controffensiva ucraina – anticipata per mesi come fosse un nuovo film in uscita, rinunciando all’effetto sorpresa – che le linee fortificate russe hanno tenuto e che c’è un forte punto di sofferenza/rischio per gli ucraini su Avdiivka. Se questa guerra non venisse vissuta come una partita di calcio da opinionisti con l’elmetto, politici e giornalisti, tali elementi ci dovrebbero spingere a prendere atto che di nuovo lo strumento bellico ha fallito, perchè non risolve i problemi ma li aggrava, perchè manda solo gente al massacro.
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Come scritto in Maledetti Pacifisti (uscito il 10 maggio del 2022) questo conflitto non ha soluzione militare ma solo negoziale, dopo aver dato alla guerra venti mesi per dimostrarci cosa fosse in grado di fare per giungere alla pace, dopo aver armato l’Ucraina sostenendola con ogni mezzo, di fronte al fallimento delle armi sarebbe questo il momento di dare spazio alla diplomazia.
Non sta accadendo. Zelensky è impegnato in tutt’altro: non far dimenticare il suo Paese, oscurato dalla crisi in Medio Oriente, per poter ottenere altre armi. Intanto l’Occidente comincia a chiedersi: fino a quando avremo i soldi per dargliele? Aggiungerei: fino a quando, di fronte all’assenza di risultati sul campo, il governo ucraino riuscirà a fermare la massa dei retinenti-disertori-obiettori, continuando il reclutamento?
Comunque sia rischiamo un altro l’inverno da trascorrere come il precedente, ricordate la diatriba sui Leopard, sugli Abrams, l’indispensabilità degli F16 ecc ecc? Una lunga preparazione ad una nuova estate di conflitto, con i giornali ridotti a catalogo di armi.

Lo schema PUB

Mentre ucraini e russi morivano in trincea, questi circa venti mesi di guerra non sono trascorsi invano per il pensiero unico bellicista. Il #PUB è una categoria ormai dominante nella conversazione pubblica che sta smantellando il pluralismo e quindi la democrazia, proietta uno stigma su chi chiede pace o ha solo e semplicemente dubbi sulla guerra, abolisce analisi su contesti storici e cause dei conflitti, riduce la violenza bellica ad unica scelta morale e giusta, ne ignora gli effetti non solo sulle vite di chi muore sul campo di battaglia (o in casa propria colpita da un missile) ma anche sulla nostra economia, del resto a pagare sono sempre quei “seccatori” dei poveri, quasi più detestati dei pacifisti dai neoliberisti (che poi guarda caso sono tutti bellicisti).
Questo schema, ormai rodato, è stato applicato ai tragici fatti del 7 ottobre scorso. In tempi normali si sarebbe dovuto discutere di pace, senza pensarci un minuto. “Direte voi: come pace…di fronte alle efferate violenze di Hamas ?”. Gli eventi di quel drammatico sabato ci sono stati descritti come una sorta di fungo spuntato del deserto, all’improvviso, non come il frutto di oltre settant’anni in cui non si è posto rimedio alla questione Israelo-palestinese e mezzo secolo di uso delle armi. Se non ci fosse stato tifo per la guerra ma contesto e analisi storica, se si fosse ammesso che la potenza militare israeliana ha generato solo l’illusione di poter tener sotto controllo l’ingiustizia che agita il Medio Oriente ma non l’ha risolta affatto anzi ha aggravato odio e rancore, se tutto questo fosse avvenuto oggi si prenderebbe atto che la diplomazia è l’unica soluzione per ridare serenità ad entrambi i popoli e fermare le violenze, affermando la soluzione “2 popoli e 2 stati”.

L’invasore ora ha ragione
Mentre la stampa israeliana punta il dito contro il populismo di Netanyahu, reo di aver corroso la democrazia israeliana, gli italici opinionisti con l’elmetto stanno giustificando questa guerra come difesa della democrazia, proprio come accaduto con l’Ucraina. Giustificano persino azioni di Israele che sono simili a quelle che loro stessi condannavano in Ucraina: privare la popolazione civile di acqua, luce, carburante, colpire indiscriminatamente obiettivi civili, uccidere giornalisti, negare il transito di aiuti, colpire depositi di generi di prima necessità. Eppure nessuno invoca la Corte Penale Internazionale. Questa volta difendono lo storico invasore (è antica la storia dei territori occupati da Israele) non l’invaso, rinunciando ad uno dei pilastri di venti mesi di propaganda bellicista, uno dei loro grandi classici.
Mentre brandiscono il diritto alla difesa (è stato mai messo in dubbio?) nessuno di loro ricorda che questo non può diventare diritto alla vendetta. Gli indignados sartoriali di casa nostra vengono scavalcati persino dal principale alleato di Israele cioè Biden che spezza un’altra delle assunzioni fondamentali della loro narrazione affermando che Hamas non equivale al popolo palestinese (direi come i camorristi non sono i napoletani e la mafia non è la Sicilia).
Se lo schema del PUB è lo stesso, tra le due crisi la differenza sta nella paura: l’islamofobia di ritorno ha sostituito la russofobia. Curioso che gli unici mussulmani di cui l’Occidente sembrano preoccuparsi siano i membri della famiglia reale saudita (a cui viene concesso di tutto, senza imporre un euro di sanzioni, vedi omicidio Khashoggi) mentre la Cina si schiera con Gaza ma detesta gli uiguri, i mussulmani di casa propria.

Poveri Bambini
Premesso che per me una vittima civile è una di troppo, qualunque passaporto avesse in tasca e in qualunque modo sia stata uccisa, vale la pena fare una riflessione sulla notizia dei bimbi israeliani decapitati da Hamas. Ha tenuto banco per almeno due giorni e si è poi persa nella centrifuga dell’informazione, si è rivelata una bufala (non che nel raid di Hamas non siano stati uccisi bimbi) ma le mancate conferme ufficiali e l’assenza di prove non ha avuto la stessa eco. Non credo al grande piano, credo però che quando la narrazione è a senso unico anche una notizia improbabile che arriva da una fonte di parte può diventare quella benzina che serve a bruciare ogni forma di dissenso nel dibattito. Dedicate un po’ di tempo a chiacchierare con le persone dal barbiere, in metro, al bar e scoprirete quando tale notizia sia penetrata nelle convinzioni della gente comune (quella che non passa 24 ore su 24 a seguire l’informazione) e quanto sia servita a giustificare la logica del sangue per lavare altro sangue. Siamo ad un punto in cui la già degradata Gaza si sta trasformando in una landa di macerie, inabitabile, e nessuno si pone il problema di dove andranno e come vivranno due milioni di persone. E’ una punizione collettiva che va al di là del legittimo obiettivo di eliminare il network terrorista di Hamas.

Parole sagge
“Non possiamo consentire che il massacro di israeliani innocenti sfoci nel massacro di innocenti palestinesi” anche in questo caso a scrivere le parole più sagge, umane e realistiche su questo conflitto è un militare, cioè uno che la guerra la conosce non un opinionista con l’elmetto. “Non esiste l’inevitabile. Questa guerra poteva essere evitata ma nessuno ha fatto abbastanza per prevenirla”. Scrive Nir Avishai Cohen.

Criptoputiniani
Dalla comparsa del PUB sostengo che tutti i bellicisti anti-russi d’Italia sono in realtà cripto-putiniani cioè apparentemente odiano Putin ma in realtà vorrebbero essere come lui, vorrebbero poter dire agli altri (giornalisti, politici, cittadini e sondaggisti) cosa devono pensare per non essere definiti putiniani. Adesso non si curano se vengono colpiti obiettivi civili o se le manifestazioni pro-Palestina vengono descritte come filo Hamas (la BBC si è scusata per questa identificazione). La loro maschera è finalmente caduta, agitano valori e principi solo quando fa loro comodo, in realtà vogliono solo difendere e giustificare un’altra guerra. Passano dall’Ucraina ad Israele, riuscendo così a non fare i conti con venti mesi di balle, imprecisioni e analisi sbagliate, venti mesi in cui non ne hanno presa una. Venti mesi in cui, pur andando a reti unificate, onnipresenti su giornali e tv, non hanno convinto gli italiani che restano contrari alla guerra. Nel mondo neoliberista (quello che loro stessi auspicano) gli opinionisti con l’elmetto dovrebbero essere tutti licenziati. Invece passano da un cavallo all’altro, altro giro, altra corsa verso la prossima guerra.

Solidarietà
La guerra non è un videogioco ma il gioco (mentale) dovremmo farlo noi, mettendoci nei panni degli israeliani innocenti che hanno visto uccidere e rapire i propri cari da Hamas, i palestinesi innocenti che si aggirano tra le macerie alla ricerca di sopravvissuti dei bombardamenti israeliani, le madri dei soldati ucraini e di quelli russi che mai torneranno a casa. Siamo sicuri che vorremmo vendetta?
La vicinanza alle vittime e al loro dolore – credo – sia il modo migliore per rifiutare la guerra come soluzione, l’odio chiama altro odio in una spirale infinita. La pace è l’unica soluzione.

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8 Commenti

  1. Condivido tutto quello che dici! La guerra è una spirale infinita e lo abbiamo visto vicino a noi , nella ex Jugoslavia, quando sono riaffiorati rancori etnici che credevamo sepolti nel tempo! Perché quindi accanirsi su azioni che alla fine portano solo odio e rovina? Ma “ esiste l’economia come movente delle nostre azioni” lo ha detto Karl Marx e così inizia il suo testo “ il capitale”

  2. Condiviso tutto ma come ci si arriva alla pace? Purtroppo non so rispondere ma non trovo neanche contributi concreti per tracciare una via

  3. Non riesco a trovare altre parole oltre a quelle di Nico Piro che vanno direttamente al cuore e al cervello e che dovrebbero farci muovere le gambe uscire dalle nostre case riempire ma proprio riempire piazze e palazzi….

  4. È un ottimo articolo. Soprattutto l’ultima parte è profondamente vera.
    Sono del ‘46 , mia madre ha avuto un cugino, alpino della Julia, disperso in russia. Nel mio cortile, una persona è morta a Mauthausen, un’altro ucciso dagli anglo-americani, ma hanno sempre pianto in silenzio senza chiedere vendetta per i loro cari,
    Mia madre mi diceva: Nella prima guerra morivano più soldati che civili, nella seconda era più facile che tornassero a casa i soldati e non trovassero più la loro famiglia.

  5. Nico, le tue parole dovrebbero essere un monito per tutta l’umanità, ma ahimè, i politici di destra sono sordi a parole di pace e convivenza tra i popoli, e purtroppo L’ONU è inesistente. 👍

  6. Non ho nulla da aggiungere alla sua analisi che condivido in toto. Salvo che mi sento sempre più nauseato dallo stato comatoso della nostra informazione, come suol dirsi, “mainstream” ma forse possiamo dire senza esagerare “di regime”.
    Soprattutto se la confronto con quella internazionale.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere