Qualche sera fa, il direttore di Tolo Tv – la principale tv d’Afghanistan – ha condotto una lunga intervista con il presidente Ghani, senza esclusione di colpi e di domande. Nonostante sia il Paese al mondo dov’è più rischioso essere un giornalista, l’Afghanistan è al 121mo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa, il primo Paese di quell’area, persino meglio piazzato della pacifica democrazia indiana.
Cosa c’entra tutto questo con l’Italia? C’entra se guardiamo a quella stessa classifica – il Press Freedom Index – dove l’Italia galleggia intorno alla 40ma posizione tra Taiwan e il Botswana. Minima la consolazione per il miglioramento della nostra posizione, rispetto al 73mo gradino del 2015: i problemi restano tutti e si sono persino aggravati.
Se anche uno solo sarebbe uno di troppo, i cronisti minacciati e sotto scorta restano tanti da Federica Angeli a Paolo Borrometi, passando per Paolo Berizzi. Ma non c’è solo l’ipoteca della criminalità organizzata sull’informazione italiana, c’è anche quella – diversa, ovviamente – della politica.
Berlusconi per un ventennio ha fatto pesare il conflitto d’interessi sul sistema radio-televisivo, limitando la capacità di competere e di crescere della Rai; poi è arrivata la riforma Renzi che ha cambiato la governance della Rai trasformandola da azienda (purtroppo lottizzata ma pubblica) in azienda di Stato; l’ultimo esecutivo verrà ricordato per gli attacchi sguaiati ai giornalisti di alcuni 5stelle e per la condotta del ministro dell’Interno che ha minacciato più volte di togliere la scorta a Saviano (cosa ben diversa dal criticarne le posizioni), ha visto la sua di scorta fermare e intimidire Valerio Lo Muzio videomaker di Repubblica, si è dimostrato in più occasioni allergico alle domande.
In questi giorni si parla di nuovo governo, si fanno scenari, si contano numeri, si ipotizzano poltrone. Al solito poco si sente parlare di programmi.
Da cittadino, da giornalista e da dipendente del servizio pubblico quello che vorrei dal prossimo governo – chiunque lo componga – è una vera e programmata azione per far scalare all’Italia la classifica della libertà d’Informazione; per far cessare le minacce mafiose contro i giornalisti; per sottrarre la Rai al controllo del governo e per liberarla dalla politica; per restituire all’etica pubblica e al sentire comune l’idea che se i giornalisti hanno il dovere di domandare, i politici e le istituzioni hanno il dovere di rispondere.