Scrivo questo post per mettere a disposizione la mia esperienza personale di chi è interessato ad usare strumenti di CF.
Se questi consigli vi saranno stati utili, prendete in considerazione di partecipare e sostenere il mio progetto di crowdfunding Afghanistan Missione Incompiuta – Parte Seconda
Nel 2015 ho lanciato il mio primo crowdfunding , un meccanismo all’epoca (si solo tre anni fa, sono ormai un’epoca!) molto popolare negli Stati Uniti ma meno in Italia. Negli Usa il crowdfunding si era allargato dal settore tecnologico – dov’era sostanzialmente nato per sostenere progetti di nicchia, progetti innovativi o troppo innovativi per essere presi in considerazione dalle grandi aziende – alla cultura e al giornalismo/fotogiornalismo, dove sempre più idee restavano su carta per mancanza di risorse.
Nel 2015 avevo pensato al crowdfunding – con Francesco Mizzau di Minatori Digitali – per via del transito ininterrotto da editore ad editore di un mio “agile” manoscritto, circa 650 cartelle sulla guerra in Afghanistan. Un lavoro accolto a volte dal silenzio, altre da imbarazzati commenti sul numero di pagine (sintetizzabili in “oltre le 200, i librai ormai dicono no”), più spesso da complimenti – credo – sinceri. Comunque sia, a mettere d’accordo tutti sul fatto che quel libro non dovesse essere pubblicato era la “crisi”, il fatto che si vendessero sempre meno libri. Tra l’altro la fine di tante case editrici – mi confessava un editor – aveva ingolfato di proposte le scrivanie di quelle sopravvissute alla chiusura, quasi impossibile farsi notare figurarsi su un tema come la guerra in posto lontano.
Non volevo arrendermi all’idea che la crisi abbassasse l’asticella dei contenuti lasciando porte delle librerie aperte solo a storie d’amore, ricette e viaggi. Nè volevo arrendermi all’oblio che calava sulla “lunga guerra”, persino più lunga del Secondo conflitto mondiale, combattuta dall’Occidente, e sulla crisi in Afghanistan.
Per me, il crowdfunding è stata una necessità.
Tre anni dopo mi ritrovo a condurre un’altra campagna di crowdfunding per l’uscita di un secondo libro che riprende il discorso da dove si era interrotto con il primo volume, non a caso, il titolo provvisorio è “Afghanistan Missione Incompiuta – Parte Seconda”. L’obiettivo è raccontare la situazione attuale nel Paese, sempre più grave dopo il ritiro occidentale, partendo da un’inchiesta sul campo. Tre anni dopo le cose non sono cambiate di molto. Mi sono bastati pochi “sondaggi” per capire che se l’editoria italiana non è interessata a parlare di crisi lontane, tanto meno ci sono – letteralmente esistono – soggetti interessati a finanziare inchieste del genere (all’estero, non in Italia, operano fondazioni e “fondi” proprio allo scopo di sostenere questi prodotti giornalistici). Ho capito così che – crisi o non crisi – in Italia l’unico modo per sostenere progetti del genere sia l’auto-finanziamento grazie al tuo pubblico, a chi apprezza il tuo modo di lavorare, a chi è interessato a certi temi spesso per i motivi più diversi. Il crowdfunding da rimedio in tempo di crisi, è diventato ormai una necessità.
Ecco alcuni consigli per chi affronta una campagna di crowdfunding:
– Preparatevi a spiegare che cos’è un crowdfunding
Vi sembrerà strano ma pochi lo sanno, tra questi ancora di meno sanno come funziona esattamente. Molti di quelli a cui piace il vostro progetto hanno bisogno di “assistenza”, all’inizio “pedagogica” (appunto spiegare il funzionamento del sistema) successivamente operativa (come registrarsi, come pagare, quale “ricompensa” scegliere….In caso di necessità leggete questo post.
– Scegliete bene piattaforma e formula
Le piattaforme sono in primo luogo i garanti della raccolta, ne certificano la contabilità e nel caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo prestabilito (si tratti di fondi, copie o pezzi pre-venduti) restituiscono i fondi versati a chi aveva aderito.
La formula più in voga è quella del “tutto o niente”, se non raggiungi l’obiettivo perdi tutti i fondi (o gli ordini) accumulati fino a quel momento, i partecipanti si vedono restituire il denaro (o annullare la pre-autorizzazione sulla carta di credito). E’ la formula prevalente sia perchè motiva i partecipanti al raggiungimento dell’obiettivo sia perchè una raccolta parziale significherebbe per l’autore del progetto, l’impossibilità di svolgerlo come previsto.
La piattaforma va scelta non solo sulla base delle commissioni trattenute (ormai tutte sono allineate tra l’8 e il 10%, transazioni finanziarie comprese) ma anche sulla base del tipo di progetti solitamente trattati (se la piattaforma è specializzata in tecnologia e voi avete un progetto culturale, pensateci bene vuol dire che non vi porterà alcun flusso di pubblico ex-novo, non del vostro bacino) e dell’assistenza che vi offre per la gestione del progetto.
– Scegliete con cura le “ricompense”
Si chiamano “rewards” (ricompense appunto) perchè all’inizio le raccolte prevedevano anche la possibilità di donare importi minimi ottenendo non il prodotto promesso (libro, video, dispositivo hi-tech…) ma solo una lettera di ringraziamenti, un adesivo, un gadget. In realtà, le campagne di CF sono ormai quasi tutte operazioni di pre-acquisto, di acquisto di un prodotto che non c’è ancora. Scegliete quindi bene le varie opzioni. Per esempio, nel miei due crowdfunding, sono stati inseriti pacchetti di copie scontate, pacchetti di copie “sponsorizzate” (con il nome del munifico mecenate di turno), copie con in aggiunta un regalo unico (una fotografia dell’Afghanistan) per ottenere più fondi.
- Scegliete con cura l’obiettivo
Il traguardo da raggiungere deve essere realistico a costo di fare sacrifici in fase di produzione, in caso di successo. Non solo perchè non c’è niente di peggio di un mese e mezzo di lavoro buttato a mare ma anche perchè di solito è più facile finanziarie un progetto già “sicuro” che spingere persone a scommettere sull’incertezza.
- Lavorate sulle persone non sui contatti
A meno che non stiate provando a finanziare l’auto che va ad acqua o qualche altro dispositivo rivoluzionario di quelli che lo vedi o lo vuoi, la mia esperienza personale mi dice che la diffusione della notizia del progetto non equivale al raggiungimento dell’obiettivo. Ci sono giorni in cui ho visto decine di messaggi di incoraggiamento e decine di condivisioni sui social ma il numero delle copie è rimasto fermo.
Perchè? Perchè un “like” è istantaneo e non costa niente, magari non hai dubbi sulla bontà del progetto ma rinvii la trafila di registrarti, capire come si paga e pagare effettivamente. E’ importante parlare a chi a cuore il tuo lavoro e/o il tema che vuoi trattare non ad un generico pubblico, inoltre – lo si diceva all’inizio – le persone coinvolte vanno spesso assistite per la finalizzazione quindi il contatto diretto è fondamentale
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- Coinvolgimento
E’ importante coinvolgere i finanziatori nel progetto, i miei non li ho mai considerati clienti ma supporter, appunto parte di un progetto. Me ne sono reso definitivamente conto quando sono cominciati ad arrivare inviti per presentazioni del libro in giro per l’Italia, tutti arrivavano grazie a qualcuno che aveva preso parte al crowdfunding.
Anche per questo ho provato il più possibile a non dire “aiutatemi” quanto a dire “rompiamo l’oblio mediatico e politico sull’Afghanistan”. Trovo meno importante che la gente aiuti me, è fondamentale invece che contribuiscano a raggiungere l’obiettivo che sta a cuore anche a loro. In questa ottica, è marginale che “Nico pubblichi il suo libro”, è invece fondamentale (in primis per me) che “si faccia luce sull’Afghanistan”
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- Ricordatevi dell’effetto valanga
La fase più dura di un crowdfunding è quella iniziale quando i “pezzi” pre-acquistati o i fondi raccolti si contano con le dita di una mano; è dura anche psicologicamente. E’ la fase in cui dovete cercare di coinvolgere parenti e amici, l’obiettivo è rompere il blocco iniziale e creare una “massa critica”.
Come un sassolino lungo il fianco di una montagna innevata, un crowdfunding rotolando raccoglie sempre più neve e diventa valanga.
– Credeteci
Se non ci credete voi, come pensiate che ci possano credere gli altri?