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Mercenari, vivere senza?

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Nei giorni scorsi il New York Times ha pubblicato – con altre testate – una nuova ondata di documenti segreti diffusi da WikiLeaks, uno dei “capitoli” delle rivelazioni riguardava il caos aggiunto al caos (iracheno) da parte dei security contractor, quelli che – quando ancora non si abusava di termini inglesi – avremmo chiamato (senza offesa) mercenari, un po’ come avremmo chiamato prostitute le escort di Palazzo Grazioli . Il quotidiano newyorkese ha accompagnato a quell’articolo una galleria fotografica (qui – attenzione non è per chi ha lo stomaco debole). A parte quella sul linciaggio di Falluja, uno degli episodi di svolta in Iraq all’inizio dell’escalation violenta, mi ha molto colpito la foto dei due security contractor che corrono sul tetto di un edificio sotto attacco, con indosso i loro gadget bellici “blackhawk” e cappelli da baseball al posto degli elmetti, mentre una squadra di fanti americani, con la divisa d’ordinanza, resta al coperto e non spara un colpo.

I mercenari sono così. Ex-militari, in prevalenza, che finita la carriera in divisa continuano a combattere magari per pagarsi un mutuo o un divorzio o semplicemente perchè non ne possono fare a meno, per giunta sentendosi liberi da quelle regole d’ingaggio o regole e basta (vedi quelle sugli elmetti che in realtà proteggono da nulla ma che bisogna indossare lo stesso) che hanno mal sopportato per troppo a lungo.
Poco tempo fa parlavo con un amico “contractor” a Kabul, un ex-parà dell’esercito inglese di cui alle spalle si dice che non sopravviverà a lungo, si sta facendo troppi nemici tra gli afghani…L’amico mi dice: “il bando di Karzai? roba elettorale…passerà”. E invece sta andando diversamente.
Ma partiamo dall’inizio, Karzai di punto in bianco decide alla fine dell’estate, con il decreto 62, che entro il 17 dicembre le società di sicurezza private dovranno chiudere, il loro posto verrà preso da polizia ed esercito nazionali.

Se l’idea di Karzai è giusta sul piano del principio, è un’idea impraticabile. Non c’è una sola assicurazione al mondo che darebbe copertura, per esempio, ad i cooperanti di un’organizzazione non governativa oppure ai consulenti stranieri di un certo progetto di ricostruzione se li sapesse protetti da militari o poliziotti afghani. Troppo corrotti, troppo infiltrati dalla guerriglia, troppo pochi e troppo poco preparati. Eppure Karzai sta facendo sul serio. Nell’ultimo fine settimana l’ha chiamato persino Hillary Clinton per farlo desistere dalla sua idea. Nel frattempo una decina di società sono già state chiuse, per lo più sulla base di irregolarità varie…inclusa la Xe, ovvero la famigerata ex-Blackwater. Il presidente non può perdere la faccia un’altra volta facendo marcia indietro, inoltre – dopo il caso delle bustarelle iraniane – ha un motivo in più per continuare sulla linea anti-occidentale degli ultimi mesi. Gli unici spiragli aperti sono: la richiesta, arrivata pochi giorni fa, da parte del presidente di avere una lista di progetti per i quali è indispensabile la protezione e – notizia di oggi – la possibilità di spostare di due mesi la data di chiusura delle società di sicurezza private. Intanto le sedi diplomatiche e le basi militari erano già state “esentate” dal bando.

Personalmente, non ho mai viaggiato con una scorta privata in Afghanistan, anche in situazioni al limite, perchè sono foriere di problemi e ti fanno apparire come quello che in effetti sei, un bersaglio. Spesso vedo colleghi statunitensi e britannici imbarcasi fuori dalla mura dei loro compound a bordo di suv blindati con guardie armate, magari per andare a fare un’intervista alla Kabul Bank. Non giudico. E’ il loro modo di lavorare, se chiudesse la società che li scorta sarebbe impossibile per loro continuare ad andare in giro. Ed è solo un piccolo esempio ma ce ne sono anche di più grandi: sarebbe impossibile per l’ambasciata americana proteggere il proprio edificio e il proprio personale perchè non ci sarebbero militari americani a sufficienza per prendere il posto dei mercenari (a proposito, quelli che organizzavano festini a luci rosse nell’ambasciata sono stati da tempo sostituiti). Sarebbe impossibile consegnare i rifornimenti per tutte le basi operative avanzate dei militari stranieri nel Paese, mica roba da poco.
Karzai ha ragione, anche se in Afghanistan non ci sono, sin’ora, stati episodi come quelli iracheni con il coinvolgimento di guardie private, meno “hired guns” ci sono in giro e meglio è, com’è vero che con gli stessi soldi si potrebbe investire nelle forze di sicurezza locali. Il punto resta però non la ragione ma l’irrealizzabilità del progetto.

In Afghanistan ci sono 37 società del genere, 17 completamente afghane. Danno lavoro a 40mila persone. C’è il rischio che una parte di loro possa passare ai talebani in cerca di lavoro, se venissero licenziati. Inoltre il problema di fondo è la privatizzazione della guerra; anche quella ormai non la fa più il settore pubblico ma la dà in outsourcing se si considera che in Afghanistan ci sono più contractor per le forze armate americane (non solo mercenari ma anche addetti alle mense o alla logistica per esempio) che miltari di Washington.
Security contractor sulla cui selezione, il governo non può fare nulla visto che, semplicemente, mette sotto contratto le società che li assumono e compra un pacchetto completo. L’Afghanistan, poi, in fatto di privatizzazione della guerra è stato un paese all’avanguardia quando ha “inventato” una generazione di warlords, di signori della guerra con le loro milizie private. E questa storia della cancellazione dei security contractor sembra davvero una beffa del destino.

Come andrà a finire questa vicenda? Magari Karzai farà marcia indietro e il mio amico ex-parà avrà ragione, non perderà il suo posto di lavoro e potrà pagare le rate del bar che sta comprando da qualche parte nel Regno Unito. E’ strano ma in Afghanistan si sa sempre cosa sia giusto fare che si tratti di sostituire l’oppio con lo zafferano o di aumentare il livello di istruzione di base, eppure sembra sempre impossibile farlo. Lasciata da parte la prospettiva di una pace imminente che ci consentirebbe di vivere senza bisogno di armi, nell’attesa l’Afghanistan riuscirà a vivere almeno senza mercenari?

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere