Mentre il produttore di “The Hurt Locker” si fa buttare fuori dagli Oscar (sanzione personale) per aver fatto campagna elettorale per il suo film, all’avvicinarsi della notte delle statuette, sul NY Times ho trovato una serie di riflessioni interessanti sul “racconto” della guerra che, per quanto si riferiscano principalmente al cinema trovo interessanti sia per chi fa dei conflitti racconto giornalistico sia per chi lo “riceve”.
Segnalo in primo luogo, sul blog Opinionator (commenti scritti appositamente per il web) la serie in cinque puntate “Retelling the war” (che si occupa della guerra sul grande schermo in generale ed in particolare del film della Bigelow, come del film “The messenger”) e poi sul blog The Lede la riflessione del fotografo Michael Kamber.
Nonostante trovi perfetta la critiche di Kamber al film, “The Hurt Locker” (pur con tutte le sue imprecisioni e “spettacolarizzazioni”) è per me un capolavoro. Perchè è il primo vero film sulla guerra in Iraq, non sui suoi effetti sull’home front ma in Iraq, e poi perchè racconta di una guerra fatta molto spesso di “adreline fix” prima che di ideologia, nonostante tutto quello che si voglia credere o far credere sui militari americani e non impegnati in contesti come quello iracheno ed afghano.
L’artificiere che si “rivede” nel film e fa causa alla produzione…
Army bomb expert claims ‘Hurt Locker’ based on him
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/03/03/AR2010030301356.html?hpid%3Dentnews&sub=AR