L’autobomba che ha colpito stamane il quartier generale della Nato a Kabul nel quartiere più centrale e sorvegliato della capitale è preoccupante per diversi motivi. Prima di elencarli, preciso che secondo altre fonti l’attentatore (solo a bordo) volesse colpire l’ambasciata americana poco distante, mi sembra improbabile visto che l’ambasciata americana è costituita su un’area così vasta che è impossibile colpirla con un auto bomba (tentativo già fatto in passato)
Nonostante la sicurezza rafforzata (su Kabul, in questi giorni, sta entrando in azione un dirigibile americano con potentissimi occhi elettronici), i Talebani hanno dimostrato di nuovo di poter colpire la capitale come non accadeva da molti mesi (dall’attacco al Ministero alla Giustizia – l’ultimo attentato suicida di questa portata è quello all’ambasciata indiana del luglio 2008). Hanno colpito in una maniera nuova che apre tutta una serie di quesiti sulla loro rete logistica e di supporto, ovvero non con la “solita” toyota corolla bianca arrivata dalle province vicine per farsi esplodere dentro Kabul (o con un camion, come accaduto ai primi di luglio, esploso però durante il tragitto verso la capitale nella provincia di Logar, dopo un incidente). I talebani hanno usato un suv di lusso esattamente come quelli utilizzati dalle scorte di diplomatici stranieri, militari (quelli con compiti civili), autorità locali e signori della guerra. Si tratta quindi di mezzi virtualmente fuori controllo da parte dei check point della polizia locale, del resto fermare un suv del genere (se trasportasse un’autorità o un “target” qualsiasi) significherebbe renderlo per qualche minuto un bersaglio facile da colpire. Suv davvero comuni nel quartiere delle ambasciate dove, per giunta, il traffico è canalizzato da muri anti-esplosione e new jersey di cemento.
Il bilancio è, come sempre in questi casi, provvisorio. I morti sono almeno sette, tutti civili, ci sono molti militari feriti compreso un italiano (ferite lievi). Questa la nota ufficiale di Isaf: Reports indicate that there were several civilians killed, a number of civilians wounded. There were injuries to several ISAF service members; no ISAF personnel were killed in the blast. Ma è chiaro che l’entità dell’attacco sarà chiara solo nelle prossime ore. Non posso smettere di pensare ai bambini che passano la loro giornata davanti all’HQ di Isaf provando a vendere penne e cartine dell’Afghanistan a militari e giornalisti.
L’attacco di oggi è anche un attacco ai giornalisti. Da quell’ingresso dell’Isaf HQ, entrano i reporter per le conferenze stampa ma soprattutto per il ritiro degli accrediti (il media badge di Isaf, uno dei pochi documenti universalmente riconosciuti in tutto il Paese). Tantissimi i reporter stranieri a Kabul in questi giorni.
La procedura di ritiro, almeno per come l’ho vissuta io più volte negli anni scorsi, è lunga e complicata, anche perchè l’ufficio stampa di Isaf è stato spesso in condizioni di sotto-organico e con mille impegni. Potrei aggiungere, giusto per sdrammatizzare, anche perchè i soldati macedoni che gestiscono i check point all’ingresso non hanno un ottimo rapporto con l’inglese. Di recente la procedura è cambiata anche perchè il pass contiene dati biometrici, ma l’ingresso dei giornalisti resta sempre lo stesso ovvero il “main gate”.
What’s next? Purtroppo attacchi del genere potrebbero moltiplicarsi nei prossimi giorni anche considerando (vedi post precedente) che il periodo elettorale andrà ben oltre il 20 agosto. Nota a margine: oggi volevo fare il punto sui candidati alle elezioni ma come sta avvenendo da un po’ di tempo la cronaca afghana reclama, purtroppo, il suo spazio