Ho lasciato Lesbos con, in testa, almeno due cose in più: la certezza che la situazione sull’isola sia destinata a peggiorare (nel mix guerra afghana, sanzioni americane all’Iran, offensiva su Idlib, irresponsabilità del governo greco) e una domanda che non ho potuto fare.
La domanda sarebbe stata per una persona il cui volto avevo notato sin da subito, rivedendo le immagini girate quando un gruppo di residenti mi aveva circondato. Il loro obiettivo era impedirmi di riprendere una ragazza afghana finita a terra dopo le cariche della polizia, un “assedio” che porterà poi ad un aggressione ai danni miei e soprattutto della mia telecamera.
Se le foto social – e i riscontri di alcune fonti locali – non mi hanno ingannato, la donna che mi ha gridato la frase “Tu li vorresti a casa tua?” mentre mi si avvicinava minacciosa, non è greca al 100% né “bianca” e nemmeno europea. E’ di origini africane: immigrata di seconda generazione. A quanto se ne sa, suo figlio sarebbe stato coinvolto in inchieste su violenze contro i rifugiati. Ora capirete meglio la domanda che avrei voluto farle: perché? Perchè fare agli altri quello che non avresti voluto venisse fatto a te?
Era il giorno della seconda manifestazione dei migranti esasperati per le condizioni di vita sulle colline di Moria, dove intorno ad un campo pensato per tremila ospiti (ormai cadente perché mai manutenuto), vivono altre diciassettemila persone accampate tra gli ulivi. Un sovraffollamento frutto, sostanzialmente, delle politiche anti-migranti e propagandistiche del nuovo governo ellenico che alla fine – in nome di “prima di greci” – ha colpito i migranti ma ha sacrificato anche gli abitanti dell’isola (Lesbos “vale” solo cinque seggi).
La domanda non ho potuto fargliela, perchè il tempo era troppo poco, troppo il lavoro da fare e alla fine non ho potuto dedicarmici. Forse l’ho vissuta come una questione personale e come tale l’ho messa in secondo piano rispetto alle tante cose da raccontare sull’isola.
A pensarci, ora che sono di nuovo in Italia, mi torna in testa il ricordo degli emigrati meridionali che votavano Bossi nei primi anni della Lega (oggi la votano pure quelli che il sud non l’hanno mai lasciato!).
Ma il peso di quel mancato perchè mi resta sullo stomaco e sull’anima. Prima o poi tornerò a Lesbos.
PS: Lesbos non è mai stata un’isola turistica. E’ un’isola dove si produce latte e olio d’oliva, il primo viene pagato a 70 centesimi al litro, il secondo ad un euro e trenta. Come mi ha ricordato Stratis, il pescatore eroe dei salvataggi in mare, questi prezzi sarebbero i veri problemi di Lesbos ma il governo greco soffia sul fuoco, tra cinismo propagandistico e approssimazione. Così sull’isola finiscono tutti prigionieri, alcuni persino del proprio passato.