Non è vero che si prepara una guerra in Siria, lì la guerra va avanti da otto anni (noi ce ne siamo accorti quando sono arrivati in Europa centinaia di migliaia di profughi – molti meno comunque che in Libano, Turchia e Giordania). Semplicemente (nel senso di “senza pensarci poi troppo”) gli Stati Uniti si preparano a farsi sentire militarmente perchè è ora di limitare il ruolo russo nella crisi (al riguardo, i loro missili serviranno comunque a poco).
Premesso che io, da sempre, sono convinto che una guerra è l’unico modo che ha Trump di alleggerire la pressione interna che lo spinge verso l’impeachment, aggiunto che il conflitto siriano è di una complessità unica con ripercussioni nell’area forse più strategica del mondo e che il trattamento occidentale subito dai curdi è una vergogna, non vi voglio tediare con analisi geopolitiche.
Sommessamente faccio un invito: quando sentite parlare di guerre, missili, bombe, intervento, cancellate dalla vostra mente le facce di Trump, Assad, Putin e compagnia bella (i giornali italiani aggiungono, oggi, a questa galleria di volti “siriani” anche Di Maio e Salvini) al loro posto metteteci città ridotte in macerie, corpi fatti a pezzi, arti che spuntano dalle rovine, fumi tossici, chiazze di sangue, fango misto a merda, l’acqua che non esce dai rubinetti e la fila per il pane, gente in fuga con la propria vita in un paio di buste o uno zaino. La guerra è questo, non un comodo e protetto ufficio, con il frigo bar, dove il potente di turno preme un bottone. A proposito, quasi mai lo preme, quel bottone, per colpire un cattivo anche se vi dirà che l’ha fatto proprio per questo.