Il mio seminario “dal giornalismo immobile al mobile journalism“ è stato quello con il più alto numero di partecipanti del DIG, il festival del giornalismo di Riccione. Una bella notizia – al di là della soddisfazione personale – perché conferma quanto il Mojo possa rispondere alle esigenze di diverse categorie di giornalisti e rappresenti una – tra le altre – vie di uscita dalla crisi. La conferenza di Riccione, della durata di due ore, è stata diversa dai corsi di mobile journalism tenuti sin’ora (il “modello” di Stampa Romana si fonda su una durata di due giorni e un numero di ore variabili tra le 16 e le 20). Questa versione compatta (più un keynote speech che un seminario) mi è servita a distillare alcuni concetti e fondamenti del mojo; tra questi “LPD” (vedi la slide sopra).
Visivamente il triangolo del mobile journalism è fatto di queste tre lettere: “L” che sta per Live, cioè la possibilità di andare in diretta senza le complicazioni di altri strumenti broadcast e di farlo su piattaforme diverse, social e one-on-one; “P” che sta per Produzione e PostProduzione, perché dentro al nostro smartphone ci sono i mezzi – hardware e software – per girare e montare; D che sta per Delivery, quella che un tempo avremmo definito “messa in onda” ma che oggi chiamiamo appunto “delivery” perché non si tratta solo di “emettere” ma di consegnare un package audio-video (magari via wetransfer), di pubblicare su un CMS (il content management system di un portale web), trasferire via FTP all’editore se non si posseggono i privilegi di amministratore, pubblicare direttamente su pagine social delle testate/blog di riferimento.
In questo triangolo c’è la flessibilità e la potenzialità del mobile journalism, concetti da tenere a portata di mano quando vi diranno: “ma con una telecamera la qualità è migliore”…
LPD – Il triangolo del mobile journalism
Nico Piro
Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere