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Mo-Jo e l’integrazione

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Autostrada A16, bivio in direzione dell’Eurotunnel e del terminal traghetti di Calais. Siamo presi nel “blocco” da quasi 13 ore quando la nostra telecamera “principale” decide di abbandonarci. Non sono bastate le batterie di riserva per resistere ad ore di riprese della manifestazione, interviste, acquisizioni per il montaggio. Impossibile spostarsi anche solo di qualche chilometro (verso i bar e i negozi che vediamo al di là del guard-rail) tra cordone della polizia, decine di Tir e di trattori che hanno preso una delle principali autostrade del nord della Francia, la rete che circonda le carreggiate e impedisce persino di andar per campi.
Ma è quello il momento in cui, i leader della protesta salgono su un Tir e raccontano dell’esito delle trattative con il governo, insomma cominciano le scene finali della storia. E qui entra in campo la phone-o-grapy. L’iPhone era sopravvissuto alla lunga giornata grazie alla ricarica in usb nella macchina, montato con il rig/lente della BeastGrip e un mic panoramico – quindi nella sua versione mojo – ci ha salvato consentendo di portare a casa la “fine” della giornata.
In quanto giornalista di un grande network (che quindi ha un flusso di lavoro nel quale compare la figura specializzata dell’operatore professionale) sul campo ho potuto apprezzare il valore del Mo-Jo soprattutto dal punto di vista dell’integrazione: poter coprire due eventi, due luoghi, due angolazioni della stessa scena in contemporanea; sostituire la prima camera nel caso di un malfunzionamento o di una indisponibilità; fare quello che la prima camera non riesce a fare, per esempio per via di luoghi angusti come possono essere la cabina di un fuoristrada, un’ascensore oppure un elicottero.
L’ho potuto sperimentare anche durante il terremoto del 24 agosto 2016, sul fronte della Marche, dove tra l’altro il mo-jo aveva potenzialmente anche una marcia in più potendo coprire a livello video (sia in diretta che con contributi filmati) le ore immediatamente successive agli eventi prima che la macchina dei grandi network arrivasse con parabole, radio-camere e tutti gli apparati su cui possono contare in eventi del genere.

In sintesi, il mo-jo può servire (e tanto) anche a giornalisti che non sono freelance e che lavorano per grandi network.

PS: per approfondire la phone-o-graphy e il mobile journalism, ASR organizza un nuovo corso ad ottobre.

 

 

 

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere