Sono stati due giorni vissuti di corsa, entusiasmanti, densi di contenuti e di relazioni. Il corso sulla Phone-O-Graphy a Stampa Romana (11 e 12 aprile) ha visto più di 30 colleghi provenienti da esperienze professionali diverse (radio, carta stampata, tv, uffici stampa, comunicazione creativa) mettersi alla prova tra app ed accessori per imparare ad usare nuovi strumenti, capaci di espandere le loro capacità professionali e intersecare i media.
La partecipazione, l’attenzione e l’interscambio a cui abbiamo assistito confermano che per il Mo-Jo, il Mobile Journalism, si aprono degli spazi enormi che vanno dai colleghi che vogliono produrre clip video per i social agli uffici stampa che devono alimentare siti e news letter, da giornalisti di grandi aziende (con un workflow che prevede anche l’operatore) desiderosi di essere sempre pronti a documentare (e integrare il lavoro del cameraman professionista) fino ad autori di reportage a basso budget.
Io ed Enrico Farro (l’altro docente del corso, presidente dell’Associazione Filmaker che si è occupato prevalentemente della grammatica dell’immagine) siamo rimasti colpiti dalla voglia trasversale dei colleghi di imparare: deskisti e inviati, freelance e pensionati, giovani e meno giovani, “smanettoni” e user minimalisti della tecnologia.
Quando ho proposto a Lazzaro Pappagallo, il segretario di Stampa Romana, di organizzare un corso di Phone-O-Graphy o se preferite di Mo-Jo/Mobile Journalism pensavo che mi avrebbe mandato a quel Paese, in nome delle tante cautela che di fronte alle innovazioni un sindacalista è spesso obbligato a mantenere. Invece mi ha dato il via libera senza curarsi del fatto che si sarebbero potute sollevare polemiche, nel solito vecchio scontro tra montatori, giornalisti “di penna” (o di tastiera che dir si voglia) e operatori. L’ osservatorio di Stampa Romana guarda poi a tutto il mondo del giornalismo (basato nel Lazio) non solo alle grandi aziende editoriali e, in una fase di grande crisi come questa, le possibilità offerte dalle nuove tecnologie possono essere non solo una minaccia per l’occupazione ma anche un’opportunità.
What’s next? E ora? Non si sa dove ci porterà il Mo-Jo ma il motto non cambia: sharing is power, la condivisione (del sapere) cambia il mondo…o almeno è un tentativo per farlo.
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