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Questioni di sicurezza from Nico Piro on Vimeo
Quanti significati può assumere la parola sicurezza? La prefettura francese sta creando una “buffer zone”, profonda cento metri, intorno alla “giungla” di Calais, l’ormai storico campo nei pressi del porto da dove ci si imbarca per la Gran Bretagna, sogno dei migliaia di rifugiati (forse 5000) in nome del quale si sottopongono a condizioni di vita tremende. L’ordine della prefettura serve a garantire l’incolumità dei profughi che tentano di saltare sui camion in transito verso i traghetti, più onestamente creare una terra di nessuno, deserta e facilmente controllabile dalla polizia, è un ulteriore barriera (questa sì “di sicurezza”) oltre alla triplice recinzione con filo spinato che ormai circonda ogni punto d’accesso al Regno Unito (l’Eurotunnel, la stazione del Tgv, lo scalo ferroviario merci, i moli dei traghetti).
Chi si vede distrutta la propria baracca nel corso della bonifica, ha la possibilità di recarsi nel nuovo campo creato dalla Prefecture all’interno della “giungla”, con dozzine di container dormitorio nuovi di zecca. Una struttura che offre condizioni di vita infinitamente superiori a quelle di baracche e tende ma che resta semi-vuota per via delle procedure di identificazione all’ingresso, dell’assenza di cucine, della recinzione tipo lager, dell’aggressività della sicurezza privata (di cui poi parleremo in un altro post).
E’ così che chi si ritrova cacciato dalla propria baracca, tenta di ricostruirne un’altra all’interno del campo spesso finendo con il rompere gli equilibri “di zona” tra le etnie, si creano così nuove tensioni che mettono a rischio la sicurezza all’interno del campo.
E la militarizzata Calais ricade in un’altra spirale di contraddizioni…