Ieri hanno distrutto il monumento dei martiri, una stele dedicata alle vittime della rivoluzione contro il dittatore Moussa Traorè del 1991, nelle scorse settimane hanno distrutto monumenti ben più preziosi ed antichi come le statue di Alfarouk, il cavaliere bianco, l’angelo che protegge la città, la città dei 333 santi: Timbuctù, Timbuktu o se preferite Tombouctou. Stiamo parlando degli estremisti di Ansar Dine, i difensori dell’Islam, braccio di Al Qaida del Maghreb che della città carovaniera, un tempo snodo fondamentale per il transito del sale e dell’oro nonchè per lo studio dell’Islam, hanno fatto la capitale di uno stato che non c’è e che si estende nella parte settentrionale del Mali. Sono giorni buii per un luogo classificato dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, una vicenda che non può non ricordare – pur nelle differenze del caso – la demolizione dei Budda di Bamyan.
Quella del Mali è una crisi totalmentedimenticata. Dopo il crollo del regime di Gheddafi, tra fine dei fondi libici destinati al governo di Bamako e ritorno dei tuareg impiegati da Gheddafi per la sicurezza nel deserto, un gruppo di giovani ufficiali golpisti ha preso il potere il 22 marzo. Un golpe debole che ha precipitato il Paese nel caos. A quel punto è intervenuta l’Ecowas (la comunità economica dell’Africa occidentale) per portare un po’ di ordine e ha ottenuto l’insediamento di un presidente “ad interim”. Ma nei giorni scorsi, con i militari che stavano a guardare, una folla di dimostranti ha invaso il palazzo presidenziale aggredendo il presidente Dincounda Traore, ieri volato in Francia per controlli “già previsti”, in realtà per curarsi dalle ferite subite e forse per non tornare più.
L’ “incidente” è stata l’occasione per i golpisti di rimangiarsi l’accordo con l’Ecowas e nominare un secondo presidente: il loro capo, il capitano Amadou Haya Sanogo.
“Soliti casini africani” verrebbe da dire ad un osservatore poco attento e molto cinico (in occidente è purtroppo la categoria prevalente quando si parla d’Africa), sarà anche così ma questa volta il “solito casino africano” non riguarda solo l’Africa e il suo dimenticatoio.
Complice l’instabilità a Bamako, il nord del Paese è finito nelle mani dei tuareg e degli islamisti di Ansar Dine che stanno provando a trasformarlo in uno stato indipendente e retto dalla sharia. In un videomessaggio scovato oggi dall’AFP, il capo di Al Qaeda nel Maghreb (Aqmi) l’algerino Droukdel invita i combattenti ad un’imposizione della sharia che sia più graduale di quanto dovrebbe ma comunque di chiudere subito i luoghi di perdizione, droga e alcool.
La crisi del Mali sta trasformando un parte d’Africa, poco distante dalle coste europee, in uno stato di stile talebano, con l’aggravante che si ritroverebbe al centro dei traffici desertici di armi e droga. Lo spettro (anzi il miraggio) proiettato dal calore che arroventa le dune è quello di una portaerei per criminali e terroristi, arenata in mezzo alle sabbie sahariane. “Soliti casini africani”…sarà, ma è molto probabile che prima o poi qualcuno sarà costretto ad occuparse al contrari degli altri “soliti casini africani” precipitati nell’archivio dei pensieri perduti.