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L’orrore

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Continuava a riperterla come un mantra quella parola – “l’orrore” – il colonnello Kurtz nel film Apocalypse Now.

Kurtz è l’icona di una guerra che era stato chiamato a combattere con le stesse armi del nemico per poi essere risucchiato dal vortice della violenza selvaggia, tanto da richiederne l’eliminazione. Kurtz, l’icona di una guerra dove gli Stati Uniti avevano perso la superiorità morale.

In Afghanistan sta accadendo lo stesso. Come in ogni guerra asimmetrica (vedi Iraq) dove si confrontano eserciti regolari e pesantemente attrezzati con una guerriglia fantasma ma letale, l’orrore scorre a fiumi forse più che in conflitto tradizionale.

Questa mattina l’orrore si è presentato nei panni di un sergente americano alla porta di alcune abitazioni nel villaggio di Panjway. Il soldato aveva lasciato la vicina base in cui è di stanza, intorno alle tre. Ci è ritornato solo dopo aver ucciso sedici persone (comprese nove bambini e tre donne), per consegnarsi ai suoi commilitoni. Un caso di tracollo psicologico, secondo le prime ricostruzioni. Ma che si sia trattato di follia o meno, conta poco per la prevedibile reazione degli afghani.

Negli ultimi tempi sembra quasi che una mano invisibile stia spostando i pezzi sulla scacchiera per fare in modo che la posizione delle truppe occidentali in Afghanistan peggiori sempre di più. In realtà, dopo dieci anni di guerra, l’abisso afghano è talmente pieno che per un banale calcolo di probabilità vomita sempre più spesso l’orrore che coltiva.

Pochi giorni fa, il Paese era stato scosso da violente manifestazioni con decine di vittime (compresi sei soldati americani uccisi per mano di commilitoni dell’esercito afghano nello loro basi) perchè alla base di Bagrama, i soldati americani che si occupano di detenuti avevano sequestrato e poi bruciato centinaia di copier del corano, considerate un mezzo per trasferire informazioni dietro le sbarre e non l’icona dell’islam stesso.

Di recente, sono emerse altre storiacce che meglio di cento teorie raccontano dell’orrore di guerra come “>il video di un gruppo di cecchini americani intenti a pisciare sul cadavere di un presunto nemico, ucciso a distanza e trasformato in un temporaneo trofeo; o come la foto dei Marines schierata dietro la bandiera delle esse esse naziste che hanno poi confessato di non sapere cosa rappresentasse quel vessillo.

L’episodio di oggi è cosa diversa da quella “squadra della morte” con la divisa della Striker Brigade americana che proprio nella provincia di Kandahar uccise, in episodi diversi, tre civili solo per il gusto di farlo. Quelli erano crimini lucidamente programmati, quello di oggi un episodio, appunto, di apparente follia che arriva però mentre gli americani e gli afghani stanno conducendo una difficile trattativa. Dopo aver investito centinaia di milioni di dollari e migliaia di vite, gli americani vogliono restare in Afghanistan anche dopo la fine della missione Isaf, nel 2014, vogliono cioè sfruttare il Paese per la sua strategica posizione, dalla quale è possibile controllare ed eventualmente colpire l’Iran come la Cina ed il Pakistan oltre che tenere un occhio sui talebani. Che si chiuda o meno questo accordo, come pare probabile, il punto resta un altro dopo dieci anni di guerra e dopo le speranze tradite di una ricostruzione fallimentare, il rapporto tra truppe occidentali (per gli afghani sono tutti “americani”) e il popolo afghano è ormai compromesso e pare impossibile recuperarlo.

Prima di chiudere, a proposito di orrore. Il marines che ordinò la strage forse peggiore e più assurda delle guerre post-11 settembre, la strage di Hadita in Iraq, pur essendo stato riconosciuto colpevole da una corte marziale negli Stati Uniti, non passerà in carcere nemmeno un giorno per un misterioso “combinato disposto” delle regole e della catena degli eventi nonostante si porti sulla coscienza l’ordine di uccidere civili inermi per rappresaglia.

La follia, l’abbrutimento, la barbarie, la violenza gratuita di chi incontra la morte ogni giorno in luoghi che non conosce e non capisce, in un paesaggio allucinato, mi fa orrore ma a disgustarmi di più sono decisioni come questa, prese da chi guida su strade asfaltate, indossa divise stirate e inamidate, entra in uffici puliti e asettici, si siede dietro la scrivania da giudice e prende decisioni totalmente incomprensibili, degne di quell’orrore che avrebbero dovuto fermare.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere