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Negoziati o colloqui di pace?

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Tutto comincia qulalche settimana fa, il 27 settembre, quando il generale Petraeus durante un tour del carcere “per insurgent” di Parwan annuncia che ci sono contatti tra governo afghano e ribelli (qui la sintesi del NY Times). E’ il primo segnale del genere in mesi e dopo mesi dalla peace jirga, condita dai talebani “a mortaiate”. Ma la stamoa internazionale – questa la mia impressione -non prende troppo sul serio Petraeus, generale in attesa della “strategy review” di dicembre, interessato quindi a far sapere alla Casa Bianca che va tutto meglio magari per ottenere l’autorizzazione a tenere sul campo le truppe americane oltre la data dell’inizio ritiro, fissata da Obama per il 2011.

La settimana scorsa è il Washington Post, con questo articolo, ad aggiungere sostanza a quelle affermazioni. Il quotidiano statunitense rivela che a Kabul, Karzai sta tenendo incontri con i vertici talebani. Ma la notizia nella notizia è che per la prima volta in pratica, gli emissari della guerriglia sono autorizzati dalla shura di Quetta (cittadina pakistana…) ovvero dal governo talebano in esilio. Dall’indiscrezione su Karzai, passiamo alla conferma di Karzai medesimo che coglie l’occasione della presenza al più importante talk show del mondo, il Larry King Show della Cnn, per confermare che i colloqui questa volta ci sono un serioKarzai ha usato l’immagine del figliol prodigo o giù di lì: “They are like kids who have run away … from the family. The family should try to bring them back and give them better discipline and incorporate them back into their family and the society”. Però lo stesso Karzai ha precisato che si tratta di colloqui non ufficiali e che, comunque sia, toccherà al consiglio della pace (High Peace Council) entrato in carica pochi giorni fa, approfondire questi colloqui e trasformarli in negoziati.

La reazione americana è stata variegata, confermando in qualche modo l’idea che al di fuori del ristretto circolo del presidente si sappia molto poco del contenuto dei colloqui. L’inviato della Casa Bianca, Holbroke, ha ribadito la portata informale dei colloqui e ha sottolineato come si tratti più di “reintegrazione” che di “riconciliazione”, tradotto in lingua comune, il fenomeno consisterebbe sostanzialmente di leader militari che cercano personalmente una strada alternativa alla guerra. Inoltre in altre agenzie viene riportata l’opinion di Holbroke secondo cui tutto sommato si tratterebbe di un “trend mediatico del mese”, nulla più. Ma i rapporti tra Holbroke e Karzai sono notoriamente pessimi. Il segretario alla Difeda, Gates, sulla via di Bruxelles ai giornalisti ha detto che la coalizione a guida Nato in Afghanistan ha agevolato i colloqui garantendo un “passaggio sicuro” agli emissari ribelli (ovvero di non ammazzarli sulla strada di Kabul). Il generale Petraeus a Londra ha affermato che questo tipo di “salvacondotto” è stato garantito ad almeno un leader talebano.

Il consiglio per la pace, voluto dalla peace jirga di giugno a Kabul, è da pochi giorni in attività con i suoi sessant’otto membri ed il suo presidente, un uomo nuovo…Borhanuddin Rabbani! Capo di Jamiat-e Islami, partito che sarebbe poi diventato una delle principali fazioni mujaheddin, nonchè ex-presidente afghano tra il 92′ e il 96′ ovvero dopo il filo-sovietico Najibullah e prima della presa di Kabul da parte dei talebani. Un uomo perfetto per parlare con i talib, nota il raggruppamento politico di Abdullah. Interessante il profilo che ne traccia El mundo, in questo articolo segnalatomi dal collega Stefano Pizzetti. L’altro interlocutore al tavolo è il Pakistan che, ovviamente, vuole continuare a decidere del futuro dell’Afghanistan ed ha già fatto sapere che senza un suo ruolo non sono possibili trattative di pace, certo se arresta i leader in contatto con il governo – come ha fatto col mullah Baradar – all’inizio dell’anno, sarà difficile andare avanti. I talebani intanto hanno smentito di aver preso parte a colloqui di pace, ma potrebbe essere solo una mossa tattica. Intanto mi preme segnalare questa esclusiva Bbc dove si racconta come Al Qaida sia sempre più presente al fianco dei talebani. Un fatto non secondario perchè – ricordiamolo – la pace con Al Qaeda non è in agenda, il punto è la riconciliazione nazionale, afghani con afghani, proprio per riportare il Paese in equilibrio ed evitare che torni ad essere un rifugio per i terroristi. Anche il mullah Omar, secondo gli americani, deve essere escluso dai colloqui e dall’eventuale futura amnistia.

Il dubbio su tutta questa vicenda è la natura dei contatti, sono negoziati o solo colloqui di pace? Per ora sembra siano solo colloqui ovvero conversazioni preliminari, molto preliminari. L’entusiasmo che ho visto in qualche commento mi è sembra azzardato, la fine del conflitto non è dietro l’angolo. In Afghanistan le trattative iniziano (ed è un bene) ma non è detto che finiscano, che giungano ad una conclusione concreta. Il punto è anche militare. Gli americani sperano di spingere i talebani a trattare schiacciandoli militarmente o meglio facendo capire loro che questa guerra non può essere vinta da nessuna delle due parti in campo (ecco alcuni dati sullo sforzo bellico negli ultimi mesi). Il punto è che, nonostante l’aumento delle truppe, non si vedono grandi miglioramenti della situazione militare ma solo aumento dei caduti e i talebani potrebbero essere anche tentati dall’idea di resistere, del resto dalla loro parte hanno il vantaggio di essere a casa propria, con qualche problema logistico in meno rispetto agli stranieri. Infine le trattative riguardano leader ribelli ma non dobbiamo mai dimenticare che quelli che, per comodità mediatica, chiamiamo talebani, altro non sono che una galassia di gruppi anti-governativi, tra i quali anche i talebani. Siamo sicuri che siano stati avviati colloqui con tutti?

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere