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Il fallimento secondo McChrystal, quello secondo Obama

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Militare americano nella valle del fiume Pech, Provincia di Kunar, Afghanistan Orientale
Militare americano nella valle del fiume Pech, Provincia di Kunar - 8/09 ©np

Di lui si sa poco, del resto ha passato buona parte della sua carriera militare nell’ombra impenetrabile delle SOF, le operazioni delle forze speciali, ma di certo del generale McChrystal da quando è emerso alla vita pubblica, tutto si può dire tranne che non sappia parlare chiaro e non abbia idee altrettanto precise. McChrystal è arrivato ai vertici della missione Isaf e di quella Enduring Freedom (le due missioni militari afghane che hanno obiettivi diversi ma per le quali gli americani pretendono lo stesso capo, uno dei loro generali a quattro stelle) dopo la rimozione del generale McKiernan, travolto dall’ennesima strage di civili, quella nella provincia di Farah, poco distante da Shiwan dove gli italiani combattono quasi ogni giorno.

McChrystal ha subito dopo emesso una direttiva (militarmente “pesante” per le sue conseguenze sul campo) che riduceva gli ambiti di ricorso ai bombardamenti aerei, causa primaria delle vittime civili in Afghanistan, e poi ha cominciato (finalmente) a ripensare la missione afghana, come del resto gli chiedeva la Casa Bianca, e l’ha fatto rileggendola da guerra tradizionale (dove l’obiettivo è uccidere il maggior numero di nemici) a counter-insurgency, ovvero a guerra di guerriglia dove l’obiettivo è vincere il supporto della popolazione locale, garantendo loro sicurezza (senza farli trovare in mezzo al fuoco incrociato delle battaglie, come avvenuto sin’ora) e così tagliando le gambe ai ribelli che non avendo un esercito organizzato, non hanno linee logistiche (p.e. acqua, cibo, basi, ecc. ecc.) e se operano lo fanno grazie al supporto di chi abita in loco. Supporto a volte estorto con la minaccia delle armi, altre volte ottenuto perchè nel caos afghano non essendo chiaro chi sta vicendo è evidente che, per sopravvivere, gli afghani cerchino di non inimicarsi nessuna delle parti in conflitto.

Ma il generale “misterioso” , in un rapporto
a lungo atteso e pubbicato solo a distanza di sicurezza delle elezioni afghane, ha parlato più chiaro che mai. C’è voluto quasi un mese per capire cosa avesse scritto e le fonti di un grande del giornalismo mondiale, Bob Woodward del Washington Post, oltre alle capacità di mediazione del quotidiano americano che dopo una trattativa con i vertici dell’Amministrazione americana, venuta a sapere della fuga di notizie, ha “barattato” la sua copia del rapporto  con una identica al 98%, emendata di alcuni dati che, secondo la Casa Bianca, avrebbero messo a rischio la sicurezza delle truppe.

Chi vuole leggersi per intero il rapporto può cliccare qui (il sito del WP richiede un’iscrizione che è però gratuita), chi preferisse una sintesi può continuare a leggere questo post oppure riferirsi direttamente allo scoop del WP, che non si fatica a definire una lezione di giornalismo. La pubblicazione risale al 21 settembre ma solo ora ho avuto il tempo per leggerla con attenzione e scriverne.

Sostanzialmente secondo il generale se entro i prossimi dodici mesi le sorti della “partita” afghana non verranno invertite, a quel punto potrebbe essere impossibile sconfiggere la guerriglia. Il generale usa una terminologia inequivocabile: “gain the initiative” e “reverse insurgent momentum”. La prima significa indica una situazione in cui un certa forza militare agisce mentre l’altra parte reagisce, nel caso afghano a guidare le danze – si capisce – è la guerriglia e le truppe occidentali seguono il passo. La seconda frase, invece, si riferisce all’inerzia ormai acquisita dalla guerriglia (come in una partita di football americano), quell’abbrivio che può spingere verso la vittoria.

Generale McChrystale sul luogo dell'attentato contro il quartiere generale Isaf a Kabul
Il Generale McChrystal sul luogo dell'attentato contro l'Isaf a Kabul ©Isaf

Sembrano tratte da uno dei tanti articoli critici comparsi sulla stampa o da un documento pacifista, osservazioni critiche di McChrysthal alla sua stessa missione secondo cui la corruzione del governo afghano e gli abusi di potere, tra le altre cose, danno pochi motivi agli afghani per schierarsi con le istituzioni. Aggiunge se l’Isaf non può essere sconfitta militarmente dalla guerriglia, si può sconfiggere da sola, perchè piuttosto che preoccuparsi della difesa della popolazione si preoccupa dell’auto-difesa delle proprie unità. Denuncia una scarsa comprensione delle dinamiche locali da parte delle truppe straniere e la trasformazione del sistema delle prigioni afghane in una sorta di campo se non d’addestramento, sicuramente ideologico, per i talebani e Al Qaida, insomma uno scenario pre-2001 in versione ridotta e dietro le sbarre.

Le proposte. Secondo il generale è necessario entro il 2010 portare a quota 226mila le unità di ANA e ANP, esercito e polizia, obiettivo inizialmente previsto entro il 2011, e portare il loro totale a 400mila anche se non specifica entro quando. E’ necessario, per esempio, insegnare la lingua locale alle truppe occidentali e, in generale, agire per apparire come ospiti del popolo afghano non truppe di occupazione. Ma il punto chiave è sempre quello del garantire la sicurezza al popolo afghano che non può essere fornita “behind the wire” ma “Out there” (non sono parole di McChrystal, ma espressioni del gergo militare). Ecco il passaggio, per me chiave della relazione per come lo sintetizza Woodward:

He also says that coalition forces will change their operational culture, in part by spending “as little time as possible in armored vehicles or behind the walls of forward operating bases.” Strengthening Afghans’ sense of security will require troops to take greater risks, but the coalition “cannot succeed if it is unwilling to share risk, at least equally, with the people.”

Comunque sia, l’aumento delle truppe è una chiave basilare del documento di McChrysthal ma non è detto che il presidente Obama dia seguito alla richiesta. Stretto tra la difficile riforma del sistema sanitario e una missione sempre più impopolare (vedi qui l’ultimo sondaggio NY Times/CBS), Obama viene descritto come afflitto dal “rimorso dell’acquirente” ovvero alla ricerca di una strada alternativa all’aumento delle truppe per mantenere l’impegno assunto in campagna elettorale a combattere l’unica guerra di quelle dell’epoca Bush, della guerra al terrore, che lui ritiene giustificata per la sicurezza americana, appunto quella in Afghanistan. Questo articolo del NY Times, descrive il dibattito tra i più stretti collaboratori del presidente con l’ipotesi controversa di ridurre le truppe americani ai livelli precedenti alla “surge” di Obama, quindi come agli inizi del 2009, concentrandosi specificamente su Al Qaida non su tutta la guerriglia in toto, operando però non solo in Afghanistan ma anche in Pakistan (vedi qui per un punto sulla situazione in Pakistan).

Insomma nell’amministrazione americana sembra si stia tornando ad un vecchio dibattito conclusosi in era Bush a favore della “economy of force” (di cui era tifoso Rumsfeld) ovvero che, grazie alla tecnologia, bastano pochi soldati americani per vincere una guerra…come apparve chiaro quando conquistata Baghdad, iniziarono i saccheggi, in primis, al museo archeologico…Strategia smentita non a caso dalla “surge”, l’incremento delle truppe, ed un totale cambio di linea per rimettere apposto l’Iraq. Basterebbe pensare a quello che è successo tra il 2003 e il 2006 in Afghanistan, quando gli americani erano troppo impegnati in Iraq per occuparsi dell’Hellmand, per sottolineare come la strategia della “economy of force” nel paese è stato un totale fallimento, ma senza andare troppo lontano mi sembra interessante questo editoriale sempre dal NY Times di cui basta citare l’attacco:

“C’è sempre l’illusione della strada facile. C’è sempre l’illusione che prese Donald Rumsfeld e che ora prende molti Democratici, secondo cui puoi combattere una guerra di guerriglia con un’ “impronta leggera”, con missili da crociera, con operazioni di forze speciali e con aerei senza pilota”.

McChrystal che intanto, negli ultimi giorni si è incontrato,in Europa, con il capo di stato maggiore delle forze armate americane, l’ammiraglio Mike Mullen, ed i vertici della Nato, ha fornito loro i “numeri” sulla sua richiesta di truppe aggiuntive avanzata (ma non specificata) proprio nel rapporto di cui ecco le conclusioni:

“Il fallimento nel fornire adeguate risorse (per risorse è dà intendersi più truppe ndr) rischia anche di determinare un conflitto più lungo, maggiori perdite, costi superiori e, in definitiva, la perdita critica di supporto politico. Ognuno di questi rischi possono probabilmente portare al fallimento delle missione”
.

  1. ciao nico.. sono bahar, ricordi?? una giornalista iraniana… comestai? grazie per leggere il mio commento…
    BUON LAVORO…
    come parlare di piu` con voi?
    sai.. ho molto idee per scrivere e vorrei dire con te. secondo me , tu sei molto perfetto in giornalismo. mi piace invitarti in iran…. tu, hai numero di telefono per parlare?
    mi piace conoscerti di piu`,.
    spero stai bene..
    BAHAR….
    KHODAHAFEZ…

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere