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Notte di razzi a Herat

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Mi va di raccontare questo episodio, non perche’ lo consideri un fatto eclatante ma perche’ aiuta – secondo me – a capire
la situazione in cui si vive e si lavora in Afghanistan (del resto i razzinon fanno differenza tra militari e civili) ma
anche la tattica della guerriglia che gioca ormai anche sull’effetto psicologico degli attacchi notturni (attaccare una base come quella
di Herat di giorno sarebbe del resto impossibile per la guerriglia, salvo attacchi kamikaze ai cancelli come quelli a Baghram).

La cronaca: erano le 23.30 circa in Afghanistan, le 21 in Italia quando abbiamo sentito chiaramente un’esplosione sul versante
orientale della base. Io ero gia’ a letto e sulle prime non mi sono mosso percha’ del resto rumori facilmente confondibili con
“atti ostili” se ne sentono diversi nei pressi di un aeroporto e dentro una base militare. Alla seconda esplosione ero gia’
sulle scale in mutande ed elmetto (penso di essere stato ben poco presentabile) per raggiungere il vicino shelter anti esplosione.
Razzi o colpi di mortaio (difficile dirlo) ne sono caduti sei. Nel bunker siamo rimasti circa un’ora e mezza. Il tempo per gli
elicotteri mangusta e una pattuglia della forza di reazione rapida italiana di arrivare sul luogo del lancio e accertarsi della situazione,
i guerriglieri ovviamente nella loro tecnica del mordi e fuggi si erano gia’ dileguati. Un’americana nello shelter ha notato:
“non sembrano i fuochi d’artificio del 4 luglio”. Qualcun’altro ci ha detto (ero con l’operatore del Tg3, Mario Rossi): “ogni volta
che ci sono giornalisti piovono razzi!”.
I tiri erano diretti contro una base adiacente quella italiana, sull’altro versante dell’aeroporto, il centro di addestramento
della polizia afghana gestito da contractors americani, gia’oggetto di attacchi anche kamikaze. NOn ci sono stati vittime ne’ danni ma
e’ evidente che il gioco della guerriglia, almeno nelle grandi basi dell’Isaf, punta a fare altri tipi di danni, mediatici e psicologici,
insomma – se non fosse un frase abusata – direi: “ad alzare la tensione”. Francamente non riesco a trovare altre parole, saranno i 40 gradi di Herat.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere