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Dopo la strage di Bala Boluk

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Sembra essere una zona maledetta, quella tra il distretto di Shindand (estremo sud della provincia di Herat) e la provincia di Farah. Negli ultimi due anni hanno registrato tre tra le peggiori stragi di civili che l’Afghanistan ricordi nel dopo-talebani. In agosto scorso ad Azizabad, qualche giorno fa a Bala Boluk.

The ICRC team was unable to determine the exact number of dead but their impression was that dozens of people, including women and children, had been killed. The ICRC workers were told that some of the dead had already been buried by the time they arrived on the scene.

In questo estratto dal comunicato 09/90 del comitato internazionale della Croce Rossa, la denuncia della strage (ad Azizabad a confermare il massacro era stato invece un team delle Nazioni Uniti). Non c’è un motivo orografico (il fattore terreno) a spiegare perchè questi stragi siano concentrate proprio in questo angolo di Afghanistan. In occasione della strage di Azizabad, i vertici del 207esimo dell’esercito afghano erano stati decapitati, in particolare le forze speciali, accusate di aver partecipato con leggerezza a quell’offensiva.

Sta di fatto che su facebook, quotidiani e blog leggo l’irritazione di chi scopre (fin troppo ingenuamente) che la guerra di Obama è simile a quella di Bush. Mi sembrano analisi semplicistiche, non meno di quelle pre-elettorali.
L’Afghanistan è un terreno difficile della cui guerriglia si sa ben poco, due fattori che lo differenziano drasticamente rispetto all’Iraq, dove invece ci sono infrastrutture e via via (in una società meno “oscura” di quella afghana) si è capito sempre più del nemico. Più truppe sul terreno potrebbero paradossalmente portare a più stragi di civili? Se lo chiedono in molti, in realtà le truppe aggiuntive (americane e non) non sono sufficienti a controllare un terreno tanto vasto e complesso e l’aumento recente che sta portando l’azione anti-talebana in aree come la provincia di Farah in realtà potrebbe riproporre il limite della carenza di uomini sul terreno (ovvero l’eccessivo ricorso ai bombardamenti aerei) su più vasta scala piuttosto che sciogliere questo nodo.

In tutto questo si inserisce sicuramente la difficoltà di questa che non è una guerra “urbana” (campo di battaglia dove è pressochè imposibile intervenire con i mezzi aerei) ma combattuta in villaggi isolati e dove la guerriglia fa parte delle comunità locali o in esse si nasconde (deliberatemente e senza scrupoli anche durante i combattimenti). Tra l’altro i talebani sanno bene quanto il tema delle vittime civili sia sensibile. Le ultime sulla strage di Farah vengono dalla Cnn secondo cui parte delle vittime sarebbero state rastrellate dai Talebani, uccise a colpi di granate e poi nascoste tra le macerie. In un’operazione perfettamente congegnata, un’ipotesi da verificare ma che cambierebbe poco nella dinamica delle vittime civili in Afghanistan.

La provincia di Farah è una sacca dove vanno a rifugiarsi i talebani in fuga dalle operazioni militari nel sud ma è anche un’area dove la guerriglia si è sempre più radicata e dove, non a caso, si stanno intensificando le azioni militari in particolare nelle ultime settimane. Mi ha molto colpito la testimonianza del padre della bambina afghana uccisa dagli italiani ad Herat, domenica scorsa. Riferendosi ai soldati, li ha definiti “americani” che è un po’ un sinonimo di stranieri in Afghanistan. L’esistenza di due coalizioni a svolgere due missioni diverse, la Enduring Freedom americana e l’Isaf a guida Nato, non fanno altro che complicare lo scenario. A Bal Boluk c’è anche una piccola base avanzata italiana, chi spiegherà agli abitanti del villaggio che a bombardare sono stati gli “americani” e non anche gli “italiani”, tutti gli stranieri? Non a caso oggi, il capo di stato maggiore dell’Esercito, Generale Fabrizio Castagnetti ha definito la convivenza tra le due coalizioni come “un grande problema” con necessità di “un miglior coordinamento”. Purtroppo è un problema emerso nella sua urgenza da ormai due/tre anni.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere