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Eroe suo malgrado

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tillman122Domenica gli Stati Uniti si fermano, come del resto accade ogni anno di questi tempi. Domani alle diciotto, ora della costa est (mezzanotte in Italia), inizia il SuperBowl, la finale del campionato di football americano; un evento non solo sportivo capace di portare in scena lo spirito e la cultura popolare di un intero Paese.
Quest’anno, l’edizione numero quarantatrè ha un motivo in più per rappresentare gli Stati Uniti di oggi. Al SuperBowl sono arrivati gli Arizona Cardinals, contro ogni pronostico (l’ultima volta che avevano vinto una partita dei play-off, era presidente Henry Truman…). Un evento sportivo che riapre una pagina dolorosa che di sportivo ha molto poco.

I Cardinals sono, erano, la squadra di Pat Tillman, difensore, maglia numero 40. Anti-star per eccellenza, per certi versi “alternativo” come molti californiani, allergico al lusso e agli eccessi, capace di stupire l’America rinunciando ad un contratto milionario, ad una vita sotto i riflettori, quando otto mesi dopo l’attacco dell’11 settembre lasciò lo sport professionistico per arruolarsi nell’esercito. Tillman, diventato intanto un Ranger, viene dispiegato in Afghanistan dove morirà, nella provincia di Khowst al confine con il Pakistan, il 22 aprile del 2004, in quella che venne descritta dal’Esercito come un’imboscata.

Tillman che pure aveva scelto il silenzio dopo il suo arruolamento rifuggendo interviste e ogni ribalta mediatica, diventò così, suo malgrado, il “poster-boy” delle guerre dell’amministrazione Bush, venne celebrato come un eroe e gli venne tributata l’onoreficenza della Silver Star.

Una storia, la sua, che sembrava fatta apposta per sostenere il ritmo del reclutamento e contrastare le critiche che sempre più fitte piovevano sull’amministrazione Bush per il fallimento iracheno (per capire l’ondata di emozione causata dalla sua morte basta guardare questo video), proprio nel momento in cui l’amministrazione si preparava ad affrontare l’imminente scandalo delle torture di Abu Ghraib. Sembrava fatta apposta…Purtroppo, grazie alla sola caparbietà della famiglia Tillman (ed ai meccanismi di controllo del “sistema” americano), nei mesi, negli anni successivi si è scoperto che la storia era stata fabbricata per l’occasione . Pat Tillman è morto per fuoco amico, in un combattimento avvenuto in assenza di truppe nemiche. In una storia che resta ancora misteriosa (molti documenti che la riguardano non sono stati mai interamente resi pubblici come le immagini del Predator che seguiva la pattuglia) c’è persino chi avanza l’ipotesi di un assassinio, visto il colpo ravvicinato di fucile d’assalto che lo ha ucciso (qui estratti delle sedute dell’inchiesta parlamentare sulla vicenda compresa la shockante deposizione del fratello Kevin, arruolatosi con Pat). Dopo la sua morte sul riservato Tillman (la cui storia è facile immaginare finirà, prima o poi, sul grande schermo) sono filtrate diverse indiscrezioni che lo descrivono ateo, anti-Bush e scettico sulle guerre dell’amministrazione americana ma non per questo non devoto alla causa della sicurezza del suo Paese (e conoscendo lo spirito americano, non si tratta di una contraddizione).

Alla vigilia del SuperBowl, tra quelli che scommettono sui Cardinals c’è chi sta preparando un anello per Tillman, la cui storia è stata come riaperta dall’epopea della squadra dell’Arizona (vedi al riguardo un pezzo del New York Times dei giorni scorsi). Alla squadra vincitrice della finale va lo statuario Vince Lombardi Trophy, ai suo giocatori vittoriosi un anello, cimelio di una vita. Anche l’efficiente macchina della comunicazione dell’esercito americano ha diffuso in questi giorni alcuni contributi dedicati al SuperBowl “visto” dalle truppe ed a Tillman a cui è dedicata una Fob, una base avanzata, nella provincia di Paktia (clicca qui per vedere il video).

Chiunque vinca, quest’anno, il SuperBowl finirà per ricordare all’America le responsabilità dell’amministrazione Bush, le contraddizioni dei conflitti in corso e per celebrare un ragazzo trasformato in un eroe ma che ha desiderato per tutta la vita di essere un anti-eroe, nell’accezione più alta del termine. E magari tutto questo servirà anche a far luce su una vicenda che ha ancora bisogno di verità…per rispetto della memoria di Tillman, per onorare davvero la sua famiglia ma anche per capire meglio le contraddizioni della guerra in Afghanistan.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere