HomeVarieAddio alle speranze di pace, ritorno al passato

Addio alle speranze di pace, ritorno al passato

Autore

Data

Categoria

Nel fine settimana, il Presidente Trump ha fatto sapere che le trattative di pace con i talebani sono da considerarsi concluse. Solo pochi giorni prima, il suo inviato speciale per la pace in Afghanistan aveva annunciato a ToloTv – la principale tv del Paese – che era stato raggiunto un accordo tra le parti e che mancava solo la firma del presidente.
Nell’annunciare il fallimento delle trattative (cominciate nell’estate del 2018 e condotte con nove “round” di incontri a Doha), Trump ha anche rivelato che era era pronto un incontro segreto a Camp David tra lui e i leader Talebani e, separatamente, tra lui e il presidente Ghani.
Di mezzo ci si sono messi, da un lato, gli attacchi dei talebani (offensiva su Farah, Kunduz, Baglan, Badakhshan; due attentati a Kabul nel giro di pochi giorni), dall’altro le perplessità dei Repubblicani e di tanti osservatori.

In pratica hanno vinto i falchi su entrambi i versanti, ma a pesare è stato anche il peccato originale di questa trattativa condotta senza il governo di Kabul al tavolo (i talebani non lo riconoscono e lo considerano un burattino di Washington) ma di fatto condotta dagli americani anche per conto di Ghani, disponendo del suo futuro e di quello degli afghani.

Ufficialmente Trump ha dichiarato chiuse le trattative dopo l’attacco alla sede dell’NDS (i servizi segreti) a Kabul che ha visto la morte, anche, di un militare americano ma è evidente che la vicenda è ben più complessa, altrimenti non si spiegherebbe il successivo licenziamento di John Bolton, il falco guerrafondaio che il presidente aveva voluto al suo fianco e che si è opposto a trattative con Iran, Corea del Nord e appunto con i talebani.

A Kabul la notizia è stata presa con un certo sollievo, perchè era chiaro che un accordo del genere con il ritiro degli americani avrebbe aumentato le possibilità di collasso del governo “democratico”.
Detto questo, viene da pensare che stiamo messi peggio di prima: la guerra è in stallo, nessuno dei due fronti è in condizione di vincere, il Paese resta nel caos, le vittime civili continuano a crescere e forse sono stati bruciati se non alcuni ponti, di certo alcune carte negoziali. E’ da capire, per esempio, se Khalilzad abbia “perso la faccia” o meno in questo finale dai toni grotteschi, in caso affermativo andrà sostituito. Dove si troverà un negoziatore con la sua esperienza? Sarà possibile ricostruire la fiducia tra le parti?
Da capire anche il ruolo delle potenze straniere, questa rottura è una vittoria per il Pakistan che non perde la sua leva in Afghanistan ma potrebbe anche essere un’occasione per la Russia che, con il suo storico ambasciatore Kabulov, ha dimostrato di sapersi muovere su entrambi i fronti.

Se i talebani hanno torto perchè hanno usato la forza militare in pendenza di firma (dice Trump per aumentare il potere negoziale, io credo per rassicurare i comandanti sul campo contrari alla pace), se le perplessità di Ghani sono condivisibili (ma il suo governo non fa passi concreti di alcun genere verso la pace), resta desolante la condotta di Trump: questione complesse che vedono in ballo la vita di milioni di persone, gestite come questioni personali o trattate come lo sconto su una fornitura di cemento.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere