Mi sembra sempre più scadente la risposta alla grave crisi editoriale che tocca l’Italia, forse più che il mondo occidentale, aggravando le debolezze di base del nostro sistema (dipendenza dalla politica, assenza di una separazione tra tabloid e stampa “alta”, assenza di una base di abbonati “postali”, scarsa propensione alla lettura, assenza di un piano per le librerie…). Troppi editori (e direttori) sembrano impegnati nella corsa ad abbassare l’asticella dei contenuti, dagli onnipresenti libri sulle ricetta della pizzaiola rivisitata all’eternamente uguali “inchieste” sui misteri di qualche capitale europea da visitare nel week end. Un danno, probabilmente, irreversibile perché dopo anni in cui si è fatto fronte alla crisi con titoli “facili” (senza offesa né per il turismo né per la cucina o le disperate storie d’amore) come si fa riproporre al pubblico altri prodotti (per comodità chiamiamoli “pesanti”)?.
E intanto troppi manoscritti, troppe idee, troppi autori, troppe notizie non riescono ad arrivare al pubblico tra chiusure di librerie tradizionali, trionfo delle catene (con decisioni di promozione uniformi per tutto il territorio nazionale), fine di troppe case editrici, la crisi del mercato giornalistico, nuove piattaforme per l’audiovisivo che non decollano e – appunto – quella corsa al ribasso di cui si diceva prima. Un impoverimento culturale e del dibattito nel nostro Paese che sembra interessare pochi, eppure è gravissimo.
L’autoproduzione può forse essere una via di fuga da questo scenario inquietante. Di questo abbiamo parlato al seminario del Festival del Cinema de l’Aquila, moderato da Germana d’Orazio e accreditato dall’Odg, raccontando del caso del documentario “Killa Dizez” e di quello del libro “Afghanistan Missione Incompiuta”. Che magari si apra qualche nuova porta per altri colleghi e altre idee?
L’asticella è alta
Nico Piro
Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere