Tra poche ore verranno formalizzati i diciassette capi d’imputazione per il sergente Bales, l’autore della strage di Kandahar che gli afghani volevano processare a Kabul ma che gli americani processeranno (come loro diritto) in patria.
Se dal processo si attendeva quel segnale di rigore capace in qualche modo di (iniziare a) recuperare i rapporti tra forze occidentali e popolo afghano, le cose non sembrano mettersi in questa direzione. Bales afferma di non ricordare nulla se non il prima e il dopo la strage. Il suo avvocato sta smontando il castello accusatorio affermando che non ci sono elementi di colpevolezza per Bales, alla Cbs ha sintetizzato il tutto in due parole: “Prove it!” ovvero “provatelo” (che lui sia l’autore della strage).
Tra autopsie non effettuate e testimoni difficilmente reperibili, sembra difficile che Bales possa ricevere una condanna esemplare o semplicemente una condanna. In sintesi, oltre alle polemiche, cresceranno anche i dubbi sulla dinamica della strage (ha agito un solo soldato?), di cui adesso si scopre che le vittime sono state 17 e non 16 come detto inizialmente.
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