L’Afghanistan è una terra di tesori, basta scavare nel punto giusto per trovare incredibili reperti archeologici. A volte però questi tesori si fanno trovare nel posto sbagliato! I buddisti che nel settimo secolo avanti Cristo hanno fondato un monastero sulla via della seta (la rotta che univa la Cina all’occidente) avrebbero dovuto rendersi conto che stavano poggiando le loro sacre fondamenta su uno dei più grandi giacimenti di rame dell’intero Pianeta.
Invece non è andata così, anzi in questi 2600 anni di cose ne sono successe tante: di recente la Cina è diventata un colosso economico mondiale che di rame si nutre, quello stesso rame le cui quotazioni sono intanto salite alle stelle.
Per questo gli archeologi afghani e francesi che stanno lottando contro il tempo per tirare fuori quanti più reperti possibile da questo giacimento culturale nel mezzo di un giacimento di profitto, hanno già perso in partenza.
Hanno pochi mezzi e un calendario che pesa come la spada di Damocle sulla loro testa (la China Metallurgical Group Corp vuole cominciare le operazioni entro la fine dell’anno). La terra afghana in questo lembo della provincia di Logar sta regalando incredibili statue di budda, ne sono state scavate all’incirca 150 sin’ora, alcune sono troppo pesante per essere spostate.
Reperti buddisti che questa volta non verranno distrutti dai talebani – come accadde per le statue colossali di Bamyan – ma dagli ingegneri dell’azienda cinese che vogliono cominciare quanto prima l’estrazione su vasta scala.
E’ questo un altro paradosso dell’Afghanistan a dieci anni dalla guerra cominciata anche sull’onda dello sdegno per quelle cannonate talebane contro quei silenziosi, innocenti giganti di pietra.