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Pizza Hut Kabul
Pizza Hut Kabul

Questa notizia è un assist a porta vuota ma vorrei evitare di scadere nella facile ironia. A Camp Phoenix, una base americana nella città di Kabul, nei giorni scorsi ha riaperto Pizza Hut come fa sapere una nota stampa della Task Force Rushmore, corredata da questo breve servizio in video con tanto di taglio del nastro.

Nel suo spirito da uomo delle forze speciali e nel suo tentativo di accorciare le distanze tra i militari occidentali e la popolazione locale, il generale McChrystal appena arrivato alla base ISAF Hq aveva bandito la serata di salsa e balli latino-americani (mi pare fosse giovedì sera) per poi estendere il bando a tutte le strutture di fast-food nella basi americane sparse nel paese; amenità varie troppo “westernized”.
Non vi meravigliate, è una prassi per gli americani avere, almeno nelle basi più grandi, i “brand” del cibo (e dello shopping) di casa. Nel mio girovagare per gli insediamenti americani sono passato da avamposti dove la porta delle docce era stata smitragliata e dove persino far arrivare l’acqua in bottiglia era un problema, a basi dove si poteva trovare di tutto. Non solo nella gigantesca Bagram (da negozi dell’Harley Davidson a Burger King) ma anche a Jalalabad dove il container di Pizza Hut era chiuso (problemi tecnici) ma funzionava una caffetteria di una catena concorrente di Starbucks, il cui nome avrò scritto in uno dei miei blocchetti d’appunti che ora non riesco a trovare.

Non penso che McChrystal avesse torto nella sua scelta, importante anche per il rapporto con gli afghani che nelle basi lavorano. Allo stesso tempo capisco anche le esigenze (qualcuno, ingenerosamente, le chiamerà vizi di “spoiled americans”) di chi vive per un anno lontano da casa e ha bisogno di un morso di patria, che – a noi italiani ci farà magari ridere – significa un hamburger o una pizza lievitata con chissà quali polverine.

Pizza Kabuli
Pizza Kabuli

Il problema è che in quel container ci sono tutte le contraddizioni delle missione occidentale: i suoi costi, la sua mastodontica logistica, la distanza culturale dal contesto in cui la missione si svolge, la distanza da tutto ciò che è là fuori “outside the wire” ovvero al di là della recinzione. Nella capitale, il fast food si moltiplica, dalla pizzeria Everest al KFC (che non è il Kentucky Fried Chicken ma il Kabul Fried Chicken) ma ormai sarebbe impossibile per un militare in divisa uscire dalla sua base ed entrare in un qualsiasi negozio senza rischiare di finire risucchiato nel nulla; troppi rischi per un pezzo di pizza.

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  1. Gli americani si portano l’America ovunque. Ti consiglio, se già non lo conosci, di reperire i film di Frederick Wiseman, e in particolare “Sinai Field Mission” e “Canal Zone”.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere