L’ultima volta che l’ho incontrata era sola, con i capelli al vento, vestita come una ragazza qualunque. Una di quelle che non noti nella folla. Del resto eravamo nei giardini di Saxa Rubra non nella sua natia Farah nè a Kabul, dove gira in burqa e con la scorta. Malalai Joya è la donna più famosa (secondo la BBC) ma anche più odiata e più coraggiosa d’Afghanistan, di sicuro una di quelle che più ama il suo Paese.
Come la più importante femminista afghana, Meena, e come tante altre, anonime, donne del suo Paese, sembra destinata ad una fine tragica od almeno vive sfiorandola ogni giorno. Da qui il titolo del suo libro “Finchè avrò voce”, pubblicato in Italia da Piemme; titolo che mi piace di più dell’originale “A woman among warlords” (o anche “rising my voice”). Un libro le cui parole suonano profetiche rispetto al fallimento della missione occidentale in Afghanistan. Un libro che si legge tutto di un fiato nonostante citi nomi, fatti e luoghi lontani ed estranei ai più. Una sorta di chiacchierata raccolta dal canadese Derrick O’Keefe.
Mi piace perchè ha il ritmo del racconto e la forza di chi parla con il cuore, di getto. Nonostante un ripetuto errore (Alleanza “Settentrionale” invece di Alleanza del Nord) è anche un libro ben tradotto.
Malalai è cresciuta in esilio durante l’invasione sovietica, tornata in Afghanistan ha organizzato scuole femminili clandestine durante il regime talebano, dopo il 2001 ha lavorato nel sociale e per l’istruzione quando nel 2003 è stata eletta alla loya jirga, la grande assemblea costituente, dove è riuscita a gridare il suo sdegno contro i signori della guerra – padri della distruzione afghani chiamati in quell’assemblea ad essere padri della nuova nazione afghana. Nel 2005 è stata eletta al Parlamento (la più giovane tra le parlamentari) da dove è stata però espulsa, per averlo definito una stalla, nel 2007. Il punto chiave del suo pensiero è che le truppe occidentali sostengono un governo che riperpetua la logica dei signori della guerra e che senza interferenze esterne, passate come odierne, l’Afghanistan sarebbe un posto migliore. Foreign Policy l’ha di recente inserita nella lista delle cento più influenti personalità del mondo, purtroppo influenti solo per le loro idee, non per il loro potere.
Se cercato un libro da regalare a Natale (e non), pensate a “Finchè avrò voce” .
Fatto!