Ci tenevo ad essere a New York per questo nono anniversario dell’attacco alle torri gemelle e, seguendo le imprevedibili strade della vita, ci sono riuscito. Non è il mio primo anniversario, ero qui nel 2002 come nel 2006 e almeno un altra volta. Sono quindi in grado di fare qualche paragone.
Se non dimenticherò mai la New York de “un anno dopo”: città deserta, spettrale, ripiegata su se stessa e quasi risucchiata dalla paura, una città come forse mai la si era vista prima; con gli anni ho assistito ad una New York sempre più stanca di piangere, pronta ad applicare anche all’11 settembre quella voglia di cambiare, costruire e ricostruire che è nel dna della “grande mela”.
Nove anni dopo, la transizione mi sembra ormai completata, se nel 2010 il tempo era esattamente lo stesso che in quell’11 settembre del 2001, questa volta le famiglie erano tutte prese a fare acquisti per il “back2school”, i parchi pieni come la pista ciclabile lungo l’Hudson, lo shopping implacabile come sempre, non meno della vita nei ristoranti. New York si è stancata di piangere, vuole guardare avanti, eppure – per questo motivo mi è venuta voglia di scrivere questo post – il dolore di New York viene usato dai non-newyorkesi per giustificare l’ “esistenza del nemico”. Dando un occhio, in contemporanea, agli schermi di FoxNews e alle strade di New York, si assisteva a questa straniante visione per cui calava il lutto in luoghi lontani mentre nel luogo-bersaglio di quel giorno che ha cambiato la storia recente del mondo, si preferiva pensare ad altro. I soliti liberali new yorkesi, avrà pensato più di qualche “red neck” tradizionalista.
Mi colpisce questa che è una risposta della gente alla politica, il coraggio di guardare avanti invece che “fossilizzare” il pur sacrosanto dolore per trasformarlo in strumento di nuovo dolore. Anche se guardiamo ai media, di questo nono anniversario si è parlato soprattutto per la scelta di un pastore “nazista” (chiamo così tutti quelli che vogliono bruciano libri, romanzetti “harmony” compresi) che nella sua Florida si era lanciato nella giornata del falò coranico. Se la bbc descrive Terry Jones, come un pastore la cui congregazione non riuscirebbe a riempire un autobus per quanti pochi fedeli ha, invece gli è ben riuscito di spargere odio e morte nel mondo. In Afghanistan (vedi anche qui per un quadro sulle prime manifestazioni), si sono contate già due vittime nei cortei anti-occidentali. Al reverendo dedicherò un pensiero speciale (scoprite quale) quando tra poche ore a Kabul camminerò per strada e la gente avrà un motivo in più per odiare gli “americani” ovvero gli stranieri tutti. Sono sicuro che molti occidentali che si muovono al di là del filo spinato in Afghanistan faranno lo stesso.
Complimenti Nico, bello quello che scrivi su una città che vuole guardare avanti. Sul termine ‘nazista’ sono d’accordo, come lo sarebbero anche Ray Bradbury e tutte le persone che hanno un buon senso etico e morale (entrambi credo manchino al pastore Jones).
Più che altro mi spaventa il gran parlare da parte dei media di tutto ciò, nei modi e nella quantità in cui è stato fatto. Ha portato solo conseguenze negative. Attendo il pensiero speciale. Buon lavoro.