HomeVarieIn memoria di Angelo Vassallo. Quando "fortapasc" non ha confini

In memoria di Angelo Vassallo. Quando “fortapasc” non ha confini

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Oggi non mi occupo di Afghanistan, i lettori di questo blog “tematico” non me ne vogliano. O meglio mi occupo dell’Afghanistan di casa nostra. E’ un pezzo della mia storia professionale che ritorna, dei miei inizi da cronista, una vita fa: la vicenda di Angelo Vassallo, ucciso in quello che ai più pare un agguato di camorra nell’oasi (una volta?) felice del cilento. Ecco il mio breve “ricordo” ripreso sia da articolo 21.info che dal blog del critico enograstronomico, giornalista de il Mattino, Luciano Pignataro che alla vicenda dedica diversi approfondimenti.

“Noi dobbiamo fare le cose che non si vedono, quelle che non portano voti subito, non perdiamo tempo dietro a piazze e spettacoli. Noi dobbiamo prima costruire le fogne e tenere il mare pulito”. Parlava così Angelo Vassallo. Era la seconda metà degli anni ‘90 e per un giovane cronista arrivare a Pollica (famosa ormai nel mondo con il nome della sua frazione marina, Acciaroli) era più difficile di quanto lo sia oggi.
Non per via delle strade, che sono sempre le stesse, ma perchè il Cilento non era null’altro che un paradiso di bellezze naturali, lasciate ad uno sviluppo turistico sciatto e trascurabile, tutto costruito sull’idea delle seconde case, quelle che all’economia locale non lasciano nulla, a volte nemmeno gli stipendi di qualche muratore.

Eppure i cronisti regionali arrivavano a Pioppi per parlare con Angelo, il sindaco-pescatore, che magari ti invitava a tornare nella stagione giusta per uscire insieme a pesca di gamberi. Venivano per parlare con un sindaco che faceva “curiosità” perchè perseguiva (solitario) un’altra idea di sviluppo, perche voleva una cittadina epicentro di un turismo di qualità, con le fogne che non scaricano a mare, le spiagge pulite, il porto turistico dove i posti barca si assegnano in trasparenza e soprattutto dove l’economia non si “costruisce” a scapito dell’ambiente, tra abusivismi “di necessità” (quella di intascare) e “marescia’ che volete che sia è una verandina”; motivetti sin troppo ascoltati nella spirale voto di scambio-illegalità (piccola o grande che sia) lungo la quale il sud ormai si avvita.

E negli anni Angelo ci è riuscito, tra bandiere blù, classifiche fatte di vele o di stelle, ha trasformato Pollica-Acciaroli-Pioppi in un motore del turismo di qualità nel salernitano, quasi al livello della blasonata Costiera Amalfitana che dal cilento si vede all’orizzonte; sviluppo accompagnato dalla crescita di un’economia che non ha fatto pagare dazio all’ambiente.

La notizia dell’uccisione di Angelo Vassallo mi è arrivata stamattina al telefono e mi ha piegato in due. Non solo perchè Angelo era una bella persona, mite, sorridente, efficientista senza ricorrere ai toni alti del decisionismo tanto di moda oggi, anche quando parlava con un giovanissimo cronista di una testata locale. La notizia mi ha shockato perchè, quella che a tutti appare come un’esecuzione di camorra è avvenuta non a Scampia, non a Forcella, non cioè in un territorio segnato dalla presenza criminale, stabilmente sotto il tacco dei clan, ma invece in quel Cilento rurale e marittimo dove i fichi ancora si seccano al sole, la vita oltre ai sapori sono “slow” e dove la microcriminalità è un evento da prima pagina.

Bisogna farlo capire a chi, diversamente da me, non è salernitano e quei luoghi non li conosce, sommando insieme morti ammazzati e sud insieme come se l’addizione fosse sempre la stessa.  Le indagini faranno chiarezza, ci diranno la verità, ma se fosse confermato quello che sostengono anche importanti fonti giudiziarie come tanti colleghi dei vecchi tempi con i quali ci siamo sentiti al telefono, beh il quadro sarebbe quello soffocante di un “fortapasc” globale.

“Fortapasc” come il titolo del film sul giornalista trucidato, Giancarlo Siani, l’abusivo, “o’ cacazz’ ” il giornalista-giornalista non il giornalista-impiegato, quello che voleva scrivere di camorra fino a che la camorra non l’ha zittito. Il giornalista che per Castellamare di Stabia conio’ il titolo di “fortapasc”, l’avamposto assediato da Gionta, Bardellino, Nuvoletta. La storia di Angelo Vassallo ci racconta che quel “fortpasc” non c’è più, che la camorra come una metastasi inarrestabile colonizza le cellule sane di un corpo chiamato sud, spingendolo verso un futuro incognito – nella peggiore delle ipotesi, quello di una zona franca dove non c’è possibilità di scampo per quelle realtà e per quegli uomini che voglio e creano uno modello di sviluppo diverso.

Angelo Vassallo c’era riuscito a vincere la sua scommessa, forse per questo l’hanno ammazzato come Giancarlo Siani e come tanti altri, in macchina, sotto casa. Speriamo solo che i media si ricordino al di là di domani di questa storia e di quello che ci dice su quel pezzo di Campania che fino a stamattina credevano libero dalla camorra e che ci faceva ancora sperare.

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Nico Piro

Provo a dare voce a chi non ha voce, non sempre ci riesco ma continuo a provarci. Sono un giornalista, inviato speciale lavoro per... continua a leggere