La vicenda Emergency si è conclusa. Avrei potuto seguirla sul campo e non l’ho fatto per altri impegni (c’era un’altra battaglia da combattere, quella per la sopravvivenza della Rai, se vi interessa saperne di più cliccate qui e poi qui) per lo stesso motivo non l’ho seguita nemmeno sul blog. Per questo, adesso a “bocce ferme”, posso tirare le somme su una storia che è finita bene (con i tre italiani liberati e il nome di Emergency immacolato da accuse gravissime) ma che si lascia molti strascichi. In primo luogo il comportamento dell’Italia in quanto paese, che si è confermato essere la terra dei tifosi: un Paese che – con pochissime eccezioni – si è diviso sin dal primo minuto tra innocentisti e colpevolisti, tra quest’ultimi in particolare ho notato la bava alla bocca di molti che gongolavano come se avessero ascoltato le ultime intercettazioni sugli imbrogli della squadra avversaria nel campionato di calcio di Serie A.
Purtroppo, molti colpevolisti erano uomini di governo e mi ha lasciato di sasso ascoltarli (caso mai qualcuno di noi si dovesse trovare nei guai all’estero sappia che non sarà un cittadino italiano ma un esponente di sinistra o di destra). Nessuno ha avuto la minima percezione di come un comportamento del genere non avrebbe fatto altro che aggrovigliare ancor di più quella matassa afghana (e in mezzo alla settimana sembrava che se ne fosse ormai perso il bandolo). Nessuno soprattutto ha avuto la capacità di separare il giudizio sull’operato di Emergency che è senza dubbio meritevole di lodi, da quello sulle posizioni di Gino Strada, che possono piacere o meno (indimenticabile, da questo punto di vista, la definizione di un esponente della Pdl che ha definito RaiTre come “TeleTalebani” dopo la puntata di Fazio con Strada!).
Secondo elemento, la confusione iniziale (o almeno è sembrata tale) della nostra diplomazia che ha rilasciato dichiarazioni incerte e, ad un certo punto, sembrava fidarsi del London Times (a cui è stata chiaramente passata una polpetta avvelenata, come alla Cnn) piuttosto che attendere le informative dei nostri servizi “in teatro”. Nel suo complesso la vicenda sembra aver confermato i dubbi di chi temeva che la diplomazia italiana in Afghanistan sia oggi più debole di quanto fosse anche solo pochi mesi fa – del resto c’è voluto l’arrivo da Roma dell’ambasciatore Iannucci per sbloccare la situazione.
Infine, il nodo del contendere. L’ospedale di Lashkar Gah, intanto, è chiuso. Se mai dovesse riaprire e soprattutto se dovesse riaprire prima dell’inizio dell’offensiva Nato su Kandahar, a quel punto capiremo tante cose. O meglio capiremo se davvero l’obiettivo di tutta questa vicenda era la chiusura dell’ospedale “testimone scomodo” (come hanno sostenuto Strada e molti osservatori) oppure se si è trattato di un intreccio tra vicende locali, molto locali, e lo scontro di potere tra il governatore dell’Helmand e il governo centrale. E se dovesse essere vera la seconda ipotesi, a quel punto l’ospedale riaprirebbe (e in fretta visto che ce n’è bisogno come il pane) smontando ogni teoria del complotto.
In conclusione, segnalo anche dalla stampa italiana un paio di opinioni (critiche ma senza partigianerie) su Emergency, ovvero l’intervento di Toni Capuozzo su il Foglio (che ho trovato integrale solo su questo sito) e l’intervista a Gabriele Torsello su La Stampa (che però ho trovato integrale su quest’altro sito di cui – per inciso – non condivido le chiose, ma è l’unico dove ho trovato il testo dell’intervista). Di entrambe le opinioni (critiche) apprezzo che siano state rilasciate a vicenda conclusa.
se possibile vorrei avere un contatto mail per info su un lavoro che sto per andare a fare in afghanistan a breve grazie
Mi ci sono imbattuta per caso, ma è davvero molto interessante questo blog..soprattutto per la completezza d’informazioni e punti di vista messi a disposizione riguardo le più recenti vicende afghane, come anche per la descrizione e i resoconti (che somigliano a dei racconti) sull’Afghanistan in generale.
Grazie!