Che i talebani siano una creatura dell’ISI, i servizi segreti pakistani; che gli americani abbiamo piantato i semi di Al Qaeda con la loro strategia di “guerra coperta” ai russi in Afghanistan; che il pericolo Bin Laden sia stato sottovalutato negli anni ’90…Beh, sono tutte cose note, ma quando si riesce a raccontarle con nomi, cognomi e circostanze precise si passa a scrivere la storia. “Ghost Wars” di Steve Coll (lo stesso autore de “The bin ladens”) è un capolavoro che non a caso ha ricevuto il Pulitzer. Il libro copre il periodo che va dalla fine degli anni ’70, quindi dall’invasione russa dell’Afghanistan, fino al 10 settembre 2001, raccontando in maniera incredibilmente dettagliata l’attività della Cia (ma anche di altri servizi segreti coinvolti nella vicenda, in primis quelli pakistani e quelli sauditi) e le scelte del governo americano.
Un libro che solo in una democrazia compiuta come quella americana si sarebbe potuto scrivere, altro che in Italia dove i servizi segreti (e i loro documenti ufficiali) restano nell’oscurità e fuori dal controllo dell’opinione pubblica. Steve Coll conserva un blog sul suo ex-giornale, il New Yorker.
Segnalo il libro (uscito in america nel 2004) ad inizio di questo 2010 perchè è di incredibile attualità (ne esiste anche una versione italiana). Il meccanismo montato dagli americani attraverso i pakistani (con di mezzo i soliti, ambigui, sauditi) per infliggere ai russi le sconfitte, che poi effettivamente verranno, è ancora in funzione – solo che questa volta dall’altro lato ci sono non i sovietici ma gli statunitensi.
Per capire molti dei protagonisti e dei meccanismi della guerriglia di oggi non si può non leggere che quella storia, magari anche facendo una riflessione (amara) su come “per dare ai russi il loro Vietnam” (Brzezinski) l’America rischi oggi di viverne un altro.
La stessa moneta servita per alimentare e costruire quella rete del terrore che oggi i “body scanner” negli aeroporti e mille altre paranoie (quasi sempre vulnerabili) dovrebbero fermare.
Un libro incredibile, come esempio di giornalismo che diventa opera storiografica, ed inquietante; se letto nell’ottica di una storia che si riperpetua e i cui semi continuano a germogliare in quello stesso, orribile, solco.
grazie per la segnalazione, me lo procurerò.