Non è chiaro se si riuscirà mai a fare chiarezza sull’episodio avvenuto ieri ad Herat costato la vita ad una giovane adolescente afghana, sarà difficile per un motivo (fin troppo “elementare”) che caratterizza la stragrande maggioranza degli episodi militari degli ultimi anni nel Paese: non esiste una fonte terza, la possibilità di quella che nel giornalismo anglosassone viene definita “verifica autonoma”. Anche in questo episodio come in tanti altri insomma si confrontano solo due versioni, quella delle vittime civili (feriti o parenti delle vittime) e quella di chi ha sparato (in altre tipologie di episodi, quella dei militari occidentali e quella dei Talebani). La situazione sul campo è troppo rischiosa ed il territorio troppo vasto per avere una presenza della stampa (locale e non) organica sul territorio, senza considerare la non attendibilità delle fonti di sicurezza locali. C’è anche da dire, comunque, che in particolare gli americani negli ultimi tempi hanno più volte riconosciuto i loro errori in specifiche azioni. Ma esaurita la premessa veniamo ai due nuovi elementi del giorno sull’episodio.
La versione delle vittime. La Reuters (ringrazio il collega Stefano Pizzetti per averla segnalata) ha immesso in circuito ieri sera le testimonianze del padre della bimba, la cui testa sarebbe stata staccata da almeno uno dei colpi di calibro 50 esplosi dal mitragliere del mezzo Lince. Bimba di cui sappiamo anche il nome Behnooshahr (anche se penso che la traslitterazione sia scorretta e il nome suoni diversamente). “The girl’s father said the military convoy was driving behind him and he could not see or hear any signals to slow down or pull-over. After firing, the convoy continued to drive past his car and did not stop to help his family reach a hospital, he said.” Il padre racconta quindi una versione drammaticamente diversa rispetto a quella dei militari italiani ovvero che non viaggiava nella direzione contraria (quella di un possibile impatto “frontale”) ma nella stessa direzione del convoglio del nostro esercito che a questo punto – si intuisce dal racconto – l’avrebbe superato .
Una versione che darebbe una logica spiegazione (uso il condizionale perchè solo un perizia balistica può affermarlo con sicurezza) al foro mostrato nelle immagini della Reuters ed in alcune foto, foro presente sul montante posteriore del portellone dell’auto, ovvero sul suo retro, non sulla parte frontale dell’auto dove invece sarebbe stato logico ritrovarlo…visto che un colpo è stato esploso verso il motore, raccontano i militari. Certo un calibro 50 viaggia così veloce da poter compiere rimbalzi di ogni genere ma comunque sia – ripeto – solo una analisi tecnica sul veicolo e non qualcosa visto o intuito stando dall’altro capo del mondo (il dibattito tra periti, a tratti surreale, al processo Sandri, in Italia, penso dica molto sulla complessità del tema) potrà chiarirlo ma quel foro rafforza la testimonianza del padre.
La cautela dell’Isaf. Stamattina l’ufficio stampa del comando Isaf a Kabul ha diffuso un comunicato, il numero 353, sull’episodio di “escalation of force” che ammetteva (come accaduto in altri episodi del genere) le responsabilità dell’incidente pur confermando che le procedure di avvertimento erano state rispettate. Poco dopo il comunicato è stato ritirato con un “recall” e sostituito dal comunicato 353 che si intitola: accuse sull’uccisione di un afghana in un incidente di “escalation of force”. In questo comunicato si parla di un rapporto ricevuto dall’Isaf sull’uccisione di un civile. “Dopo l’incidente (ndr quello di “escalation of force”) è stato riportato al Comando Regionale Ovest (RC-West) che una bimba afghana che viaggiava nel veicolo è stata uccisa e tre altre persone ferite. Queste sono accuse che sono in fase di investigazione”. A scanso di equivoci, in inglese: “These are allegation that are being investigated”. Certo è difficile pensare che, cronologicamente subito dopo l’incidente, la vittima sia deceduta per altri motivi (!) per giunta con il tipo di ferite descritte dai parenti, ma la cautela dell’Isaf è un dato di fatto. Formalistico eccesso di prudenza (non essendo finita l’inchiesta e non essendoci stata una constatazione sul posto del decesso) o preludio a delle novità nei prossimi giorni? Al proposito, ho anche mandato una richiesta di chiarimenti sulla “recall” all’Isaf ma senza risposta.
Mi auguro solo che tutto ciò non significhi l’inizio di un tira e molla sull’episodio, che potrebbe essere poco rispettoso per tutti le parti coinvolte, tutte, ma in primo luogo per la memoria di un’innocente morta andando ad una festa di matrimonio.