{"id":959,"date":"2010-08-23T18:40:51","date_gmt":"2010-08-23T16:40:51","guid":{"rendered":"http:\/\/nicopiro.wordpress.com\/?p=959"},"modified":"2010-08-23T18:40:51","modified_gmt":"2010-08-23T16:40:51","slug":"dallaltra-parte","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/nicopiro.it\/2010\/08\/23\/dallaltra-parte\/","title":{"rendered":"Dall’altra parte"},"content":{"rendered":"
<\/strong><\/p>\n Mentre dovrei scrivere di Petraeus che non considera il 2011<\/a> come una data tassativa per il ritiro, del Pakistan che ammette di aver arrestato il mullah Baradar per bloccare il processo di pace<\/a> e magari anche di tutte le discussioni in corso sull’anti-corruzione via Kerry-Karzai<\/a>, in realt\u00e0 non riesco a smettere di pensare ad un episodio che mi \u00e8 capitato qualche giorno fa: vacanziero ma significativo. Stavo salendo sulla cima lepri, uno dei “duemila” dell’Appennino (2445mt per la precisione), una passeggiata escursionistica sui monti della Laga, a met\u00e0 tra il divertimento estivo e l’allenamento. A tratti la salita mi ha ricordato la provincia di Kunar, con la differenza che l\u00ec le montagne non salgono dolcemente ma si impennano, come una moto su una ruota sola, e arrivano a tre-quattromila metri senza preavviso. In un paio di passaggi, tra l’erba e qualche rada macchia di faggi, ho pensato a quanto \u00e8 piacevole camminare “fuori-strada” senza dover pensare a strani avvallamenti sul terreno, a macchie umide, a fili o capsule metalliche che spuntano cos\u00ec.<\/p>\n Nel punto pi\u00f9 difficile del percorso (o almeno difficile per uno come me che in montagna non c’\u00e8 nato) mi \u00e8 venuto da pensare ai talebani che salgo e scendono dalle morene, attraverso il canaloni, saltano da roccia a roccia magari con un mortaio da 60mm e tre colpi al seguito, sparano sulla fob occidentale pi\u00f9 vicina e poi scappano evitando la pioggia di fuoco che di l\u00ec a breve arriver\u00e0 in risposta, e a tappeto. Ad un certo punto ho incontrato un signore che allegramente saltellava gi\u00f9 dall’ultimo “scollinamento”, aveva un gilet da caccia ma con le tasche vuote e una busta del supermercato in mano. Era cos\u00ec disinvolto che avrei giurato avesse l’auto parcheggiata dietro la cresta che avevo appena superato. Era andato a fare la spesa, come io e voi facciamo al supermercato sull’auto, lui era salito in cima a prendere funghi e mirtilli; tornava a casa per l’ora di pranzo, nel paese che da qui sembrava solo un puntino nella vallata: casa sua. Abbiamo chiacchierato un po’, mi ha dato qualche indicazione ed \u00e8 scomparso nel “grande verde”. Nella sua parte montuosa come in quella piatta e desertica (60 gradi all’ombra d’estate), l’Afghanistan \u00e8 il terreno pi\u00f9 difficile del mondo, se ci combatti sopra – tradotto in termini militari – \u00e8 un campo di battaglia tridimensionale. E’ anche il teatro dell’incontro\/scontro tra guerrieri nati e cresciuti in quelle terre sulle quali si muovono con naturalezza (i dukh\u00ec – fantasmi – come li chiamavano i russi) e soldati occidentali che per affrontare quell’ambiente camminano lenti e appesantiti o si muovono barricati in mezzi ancora pi\u00f9 pesanti. Penso alla guerra anglo-afghana, alla ritirata da Kabul, a quel corteo di animali da soma carichi di stoviglie, arredi, vettovagliamenti e capisco che, sul piano logistico per chi arriva a combattere in Afghanistan poco \u00e8 cambiato (per la cronaca dei 12mila partiti a Jalalabad ne arriv\u00f2 vivo uno). Mentre dovrei scrivere di Petraeus che non considera il 2011 come una data tassativa per il ritiro, del Pakistan che ammette di aver arrestato il mullah Baradar per bloccare il processo di pace e magari anche di tutte le discussioni in corso sull’anti-corruzione via Kerry-Karzai, in realt\u00e0 non riesco a smettere di pensare ad un […]<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":0,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":[],"categories":[21],"tags":[],"yoast_head":"\n<\/a>
\nIo avevo uno zaino di dieci chili addosso, con il kit di pronto soccorso, almeno cinque litri d’acqua, qualcosa da mangiare ed equipaggiamento vario: l’indispensabile per sopravvivere alla giornata e nel caso qualcosa fosse andato storto. Mi muovevo con i miei bastoncini di carbonio, scarpe da trekking e occhiali polarizzati per difendermi dal sole che a quella quota picchia pi\u00f9 del solito. Mi sono sentito come un militare americano che affronta le montagne afghane (in quel caso tra giubbotto balistico, elmetto, arma individuale e munizioni il carico arriva a25\/35 chili) e incontra un locale, con i sandali ai piedi, la coperta indosso (il pat\u00f9 nel quale si avvolger\u00e0 la notte per dormire e che lo difende dal freddo di giorno), un cappello, un bastone e magari un Ak47 che ha appena buttato tra le rocce alla vista dei militari.<\/p>\n
\nSolo l’orizzonte che si spalanca in vista della cima mi toglie il senso di inquietudine, forse di angoscia, che mi era preso silenzioso, come quando provi a risolvere un problema che soluzioni non ne ha.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"