{"id":7040,"date":"2017-05-10T22:50:31","date_gmt":"2017-05-10T20:50:31","guid":{"rendered":"https:\/\/nicopiro.wordpress.com\/?p=7040"},"modified":"2017-05-10T22:50:31","modified_gmt":"2017-05-10T20:50:31","slug":"troppo-pochi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/nicopiro.it\/2017\/05\/10\/troppo-pochi\/","title":{"rendered":"Troppo pochi"},"content":{"rendered":"
La guerra in Afghanistan ricomincia, verrebbe da dire, se non fosse che non \u00e8 mai finita. Diciamo che ricomincia per l’America, che gi\u00e0 spende 23 miliardi di dollari l’anno per la missione afghana con un dispiegamento di circa 8000 unit\u00e0. L’amministrazione Trump si prepara a mandare altri 3000 uomini. a tagliare i caveat al loro utilizzo al fianco delle truppe afghane (“taglio” delle restrizioni gi\u00e0 cominciato con Obama) e a cancellare i limiti all’uso dei\u00a0bombardamenti (l’indiscrezione poi confermata, \u00e8 del WP<\/a>). La decisione finale \u00e8 attesa dopo il summit della Nato del 25 maggio, ma \u00e8 evidente che Washington si aspetta un aiuto dagli alleati. Solo per la cronaca ricordiamo che l’Italia \u00e8 il secondo Paese contributore alla missione “Resolute Support”, missione che formalmente ha compiti di addestramento delle forze di sicurezza\u00a0afghane.<\/p>\n La svolta matura in un quadro complesso, del quale sono pubblici sostanzialmente solo due elementi: le altrettante richieste dei vertici militari\u00a0(il capo della missione afghana e il generale che guida il comando delle forze speciali) di avere pi\u00f9 truppe sul campo.
\nGli elementi da valutare sono per\u00f2 molteplici:\u00a0Donald Trump vince le elezioni anche con lo slogan “America First”, in pratica basta costose avventure militari all’estero, pensiamo alla nostra economia; “Non sono il presidente del mondo, sono il presidente d’America” dice ad una convention della corporazione dei piccoli imprenditori edili a Washington; passano pochi giorni e piovono 59 missili balistici su un aeroporto militare siriano. E’ il pi\u00f9 rapido cambio di linea politica che la storia americana ricordi. Una mutazione figlia\u00a0delle divisioni\u00a0di un’amministrazione specchio\u00a0di quella squadra che ha portato alla clamorosa vittoria di Trump. Una squadra formidabile per il successo elettorale\u00a0ma le cui contraddizioni interne non possono non\u00a0esplodere una volta occupate le stanze della Casa Bianca. L’allontanamento di Steve Bannon, lo stratega e l’ideologo “tradizionalista”, per pochi mesi uomo pi\u00f9 potente di Washington, dal consiglio di sicurezza nazionale\u00a0rappresenta\u00a0la vittoria del generale McMaster, consigliere di Trump per la sicurezza nazionale. E’ la vittoria del Pentagono a cui di fatto la Casa Bianca sta delegando\u00a0sempre pi\u00f9 potere in termini di decisioni esecutive, una delega piena alle stellette.
\nE’ una svolta netta\u00a0rispetto all’epoca di Obama, dove ogni decisione militare veniva sottoposta allo sfiancante dibattito interno al gabinetto del presidente. E’ la vittoria di quella linea di pensiero che nasce dopo la\u00a0sconfitta in Vietnam sintetizzabile nella frase “se ci avessero fatto fare” in pratica, se la politica non si fosse messa di mezzo, i generali avrebbero vinto la guerra. Una recriminazione, paradossalmente, circolata anche negli ambiente militari russi dopo il ritiro dall’Afghanistan.<\/p>\n