I miei pezzi da Calais – Settembre 2016<\/a><\/em><\/p>\nAnche a fine estate, il cielo \u00e8 sempre di piombo qui a Calais ma quando il sole riesce a farsi varco tra le nuvole, picchia come in ogni altra localit\u00e0 di vacanze sul mare. Anche grazie alla luce dorata,\u00a0Calais sembra ancora di pi\u00f9 una citt\u00e0 giardino, con le sue aiuole curatissime, draghi di fiori e arbusti che sembrano finti per quanto sono belli. Vorrei fare un esperimento: prendere un gruppo di persone e portarle qui, senza dirle che sono a Calais, nessuno immaginerebbe di trovarsi\u00a0in una delle capitali della crisi rifugiati in Europa. \nLa giungla – squallida baraccopoli dove si vive in condizioni disumane – \u00e8 come in una dimensione parallela, a chilometri di distanza, nella zona industriale, tra le dune gibbose di una vecchia discarica. Ma allora perch\u00e9 i calesiani sono “arrabbiati” come proclamavano luned\u00ec\u00a0mentre bloccavano l’autostrada ? \n \nC’\u00e8 da dire che i camionisti (e i portuali ma solo fino a qualche tempo fa) hanno le loro buone ragioni. Dall’ottobre scorso, tra presidio permanente delle unit\u00e0 antisommossa della polizia e recinzioni sempre pi\u00f9 alte e “cattive”, passare clandestinamente in Gran Bretagna \u00e8 diventato impossibile. Le gang di trafficanti sono diventate sempre pi\u00f9 aggressive pur di mantenere in piedi i loro affari e stanno organizzando degli “agguati” con oggetti lasciati sulla carreggiata pur di rallentare i camion e farci salire sopra qualche disperato. I camionisti denunciano anche furti ai loro danni, del resto pi\u00f9 \u00e8 difficile passare pi\u00f9 i “passeour” chiedono tariffe alte per il loro sporco lavoro. Tra l’altro, a raccogliere le voci intorni a\u00a0certi\u00a0alberghetti \u00a0due stelle a Calais si capisce che i trafficanti sarebbero dell’est europa, non dei Paesi di provenienza dei rifugiati. Nella cittadina su cui grava lo stigma della giungla, in realt\u00e0 il tasso di crimini \u00e8 in linea con quello della provincia francese e non c’\u00e8 evidenza di criminalit\u00e0 dovuta ai rifugiati. Ne parlavo ieri con David Guevart, il direttore del Le Nord Littoral, il principale quotidiano della “costa d’opale”, e mi confermava che il problema per Calais \u00e8 sostanzialmente lo “stigma” mediatico\u00a0che ha disastrato gli incassi di bar, alberghi e ristoranti, non la qualit\u00e0 della vita effettiva. \nGli unici atti di violenza degni di nota si registrano nella terra di nessuno che \u00e8 il campo.\u00a0Vittime in primo luogo, purtroppo, i pi\u00f9 vulnerabili: donne e bambini. Violenze dei rifugiati sui rifugiati, che si tratti di abusi sui minori, stupri o risse per motivi di “spazio” su cui collocare le tende.<\/p>\n
La rabbia dei calesiani sembra avere altre radici: la crisi del tessile, quella del turismo, la disoccupazione oltre al marchio d’orrore piovuto su questa cittadina, un tempo famosa per merletti e ombrelloni sull’Atlantico. Ma se le fabbriche tessili hanno chiuso come una parte dell’industria turistica, \u00e8 per fenomeni\u00a0legati – in\u00a0sintesi – alla globalizzazione.<\/p>\n
La richiesta di maggior sicurezza \u00e8 in qualche modo, persino paradossale. Qui a Calais, ci sono gi\u00e0 1900 agenti aggiuntivi, per lo pi\u00f9 della CRS, il corpo specializzato anti-sommossa della polizia francese. Per vedere rimosso\u00a0il blocco autostradale di luned\u00ec, il governo ne ha promessi altri 200,\u00a0e ribadito che la parte nord del campo verr\u00e0 smantellata (ricorso giudiziario permettendo). \nMercoled\u00ec, invece, il governo inglese ha annunciato un finanziamento di altri 2 milioni di sterline per continuare la grande muraglia di rete anti-taglio e filo spinato lungo l’A16 che porta all’EuroTunnel e al terminal dei traghetti per Dover.<\/p>\n
La parte\u00a0sud \u00e8 stata sgomberata a marzo con un’operazione, a cui ho assistito, di notevole livello militare. Un’operazione costata uomini e mezzi ma assolutamente inutile. A marzo nella giungla, c’erano fino a 3000 rifugiati (a seconda delle stime), oggi per il governo ce ne sono 6900, secondo altre fonti fino a 10.000. In pratica la popolazione si \u00e8 triplicata mentre il campo si dimezzava. \nAssistendo alle operazioni della CRS e delle ruspe, all’epoca pensavo che la demolizione sarebbe servita solo a spostare il campo poco pi\u00f9 in l\u00e0 (come stava gi\u00e0 accadendo con la “filiale” di Gran Synthe, a nord vicino Dunkerque). Mi sbagliavo, non \u00e8 servita nemmeno a questo.<\/p>\n
Quando qualcuno uscir\u00e0 dall’ottica di Calais (o forse, meglio, del collegio elettorale di Calais piuttosto che della circoscrizione di\u00a0Agrigento) forse si capir\u00e0 che il problema \u00e8 enorme e complesso, va quindi affrontato come merita, su scala globale. \nNell’attesa, continueremo a farlo gravare sulle fragili spalle di questa o quella comunit\u00e0 locale, che si chiami Calais, Lampedusa o Lesbos. Comunit\u00e0, lasciate sole, dove l’esasperazione non potr\u00e0 che crescere, prologo ideale per il peggio, che si chiami militarizzazione del territorio o messe di voti per il Fronte Nazionale. E i rifugiati? Ah, ovviamente quelli resteranno dove sono (magari spostatisi di qualche chilometro pi\u00f9 in l\u00e0)…l’importante sar\u00e0 aver mostrato i muscoli in vista, magari, delle presidenziali del maggio 2017, mica vorrete davvero risolvere i problemi?<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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Le spalle di Calais - Nico Piro<\/title>\n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n