\n\t\t\t\tCollaborazione\n\t\t\t\t<\/figcaption><\/figure>\n\t\t<\/div>\n\nMentre tentavo di capire dove avesse colpito\u00a0quell’onda maligna che aveva scosso il mio letto nel cuore di Roma\u00a0–\u00a0proprio come nel 2009\u00a0– alle quattro del mattino\u00a0una telefonata\u00a0del mio direttore\u00a0mi ha catapultato in una dimensione di racconto giornalistico che non praticavo da tempo, quella dell’Italia. Con il\u00a0sisma avevo gi\u00e0 una certa confidenza, purtroppo, avendo vissuto il dramma del 23 novembre 1980 in Campania e Basilicata. \nSuona strano a chi non \u00e8 del mestiere sentire che \u00e8 stata un’esperienza straordinaria ma \u00e8 cos\u00ec. Intendo dire che il racconto di un dramma collettivo \u00e8 la massima forma – a mio modesto avviso – di servizio pubblico oltre ad essere la prova pi\u00f9 grande per un giornalista, tra difficolt\u00e0 tecniche, pericoli, fatica e soprattutto la ricerca dell’equilibrio.<\/p>\n
\nNon mi sento all’altezza di fare un ragionamento complessivo su quanto sta accadendo a cavallo tra Lazio e Marche, quelle che seguono sono una serie di “frammenti” (osservazioni, pensieri, sensazioni) che ho messo insieme in questi giorni di lavoro sul campo e che magari continuer\u00f2 ad aggiornare man mano che la stanchezza restituisce\u00a0il passo alla lucidit\u00e0:<\/p>\n
Orgoglio \n<\/strong>Per un Paese che ha una delle migliori macchine di risposta all’emergenza del mondo, una risposta massiccia, tempestiva, coordinata, interforze.<\/p>\nDispiacere \n<\/strong>Per un Paese che non riesce a fare prevenzione dove le tragedie di ripetono sempre uguali a loro stesse<\/p>\nEquilibrio (ricerca de l’)<\/strong> \nTra la descrizione di una catastrofe enorme di cui devi rendere la ferocia – per farla comprende a chi \u00e8 lontano – e il rispetto dei drammi individuali, della sofferenza delle persone che non sono fiere allo zoo davanti alle cui gabbie sfilare con curiosit\u00e0. Un nodo centrale gi\u00e0 affrontato in altri luoghi come la jungla di Calais, la “piccola Kabul” dei rifugiati di Patrasso o l’Afghanistan delle bombe.<\/span><\/p>\nPeggio (il)<\/strong> \nDeve ancora arrivare…Perch\u00e9 dopo la prima emergenza – alla quale c’\u00e8 stata, lo ribadisco, una grande risposta – arriver\u00e0 la normalit\u00e0 anormale, la vita nelle tende, poi ne “moduli” o nelle “casette”, la convivenza con le macerie e il ricordo dei morti.<\/p>\nAttesa \n<\/strong>Di una ricostruzione che non deve solo arrivare presto ma bene, deve tenere conto delle tipologie costruttive appenniniche, deve lasciare la gente in quei luoghi dai quali non vuole andar via, pena un altro sradicamento come ai tempi dell’emigrazione verso la costa, il nord, l’estero, pena l’aggravamento delle condizioni di una “montagna” spopolata.<\/p>\nVergogna<\/strong> \nQuella provata dentro il rudere della scuola di Arquata ritrovandomi a pensare: meno male che \u00e8 successo di notte, meno male che \u00e8 accaduto ad agosto. Meno male? In che condizioni si trova un Paese che non riesce a garantire l’incolumit\u00e0 dei suoi cittadini pi\u00f9 vulnerabili, ospiti di scuole e ospedali?<\/p>\nDignit\u00e0 \n<\/strong>Quella delle persone che ho incontrato: lontane dalla ricerca della piet\u00e0, composte nel loro dolore, grate ai soccorritori, felici di avere almeno una tenda, attaccate alla loro terra che si \u00e8 rivelata matrigna, proiettate verso il futuro.<\/p>\nNew Town \n<\/strong>Il rifiuto del modello l’Aquila mette d’accordo tutti, meglio la ricostruzione “vera”.<\/p>\nMezzi \n<\/strong>Quelli che (assieme a giovani neo-assunti) dovrebbero essere dati a corpi come i vigili del fuoco, polizia, carabinieri, forestali e via a seguire perch\u00e8 se riescono a fare il loro lavoro cos\u00ec bene nonostante l’assenza di turnover, veicoli e attrezzature non sempre moderne, beh…figurati cos’accadrebbe se…<\/p>\nForestali \n<\/strong>A gennaio avranno le mostrine dei Carabinieri, la razionalizzazione dei corpi di polizia \u00e8 una necessit\u00e0 di questo Paese, spero per\u00f2 che le grandi professionalit\u00e0 e la grande specializzazione del CFS non vengano diluite, sarebbe una grande perdita.<\/p>\n \n<\/strong>Ordinario eroismo \n<\/strong>La definizione\u00a0di eroe, dopo gli anni dell’Afghanistan e dell’Iraq, in questo Paese \u00e8 stato spesso usata male. Con il terremoto abbiamo fatto un altro passo indietro perch\u00e9 non abbiamo riconosciuto il titolo di eroe a quei forestali, a quei vigili del fuoco, a quei semplici volontari che hanno scavato spesso a mani nude, in mezzo ai crolli e a scosse tremende, che hanno tirato fuori vivi e morti, a volte persino abbracciati. Donne e uomini senza paura e con le qualit\u00e0 che hanno raccolto informazioni preziose per individuare i dispersi da sopravvissuti spesso prigionieri del panico e del caos. \nNei miei servizi ho provato a rendere giustizia ad alcuni di loro ma \u00e8 evidentemente poco, meriterebbero molto di pi\u00f9 in primo luogo una vera “raccolta” delle loro storie e poi una medaglia. \n \nVolontari \n<\/strong>Ne ho visto di ogni genere, in una sorta di parata che a volte mi ha lasciato anche perplesso perch\u00e9 oltre a quelli organizzati della protezione civile e a chi \u00e8 venuto spontaneamente armato di pala e piccone, nei giorni successivi al sisma ho visto arrivare ogni genere di formazione che sulle prime ho pensato potessero solo complicare le cose, senza coordinamento. Penso di essermi sbagliato, l’ho capito quando ho visto che un plotone di enduristi a bordo delle loro moto che ad Arquata sembravano solo “visitatori” fuori luogo, ad Amatrice sono stati decisivi per raggiungere frazioni isolate.<\/p>\nAiuti \n<\/strong>Ora c’\u00e8 tutto, tra poco non ci sar\u00e0 nulla. Voglio dire che man mano che si torna alla normalit\u00e0, le esigenze sono molto pi\u00f9 difficili da soddisfare. Su queste fasi successive, a mio avviso, si dovrebbero concentrare le raccolte fondi che si stanno moltiplicando in Italia, encomiabilmente. Non compriamo vestiti invernali o spazzolini, coordiniamoci, mettiamo insieme i soldi raccolti un po’ qui e un po’ l\u00ec,\u00a0per raggiungere una cifra tale da costruire – per esempio – una nuova scuola, un centro sociale, una biblioteca o una palestra anche se solo in prefabbricato. Solo cos\u00ec la vita pu\u00f2 continuare in attesa della ricostruzione.<\/p>\n \n<\/strong>Rai \n<\/strong>Il servizio pubblico ha dato una grande prova di s\u00e9, non solo per tempestivit\u00e0 e capillarit\u00e0 dell’informazione ma perch\u00e9 ha evitato di indugiare sul dolore, di disturbare, di fare “cassetta” sui drammi. Non tutti ci sono riusciti o almeno questo \u00e8 quello che ho capito\u00a0parlando con gli sfollati, i soccorritori e con molti teleascoltatori.<\/p>\nLuci \n<\/strong>“Non spegnetele su questo dramma”. Dopo l’insofferenza (comprensibile quando non giustificata) degli sfollati nei primi giorni dopo il sisma, man mano che sulla strada di accesso a Borgo di Arquata diminuiva il numero dei pulmini satellitari e diminuivano le “insegne” delle tv italiane e straniere, la gente che incrociava un giornalista chiedeva di non finire\u00a0abbandonata, di non\u00a0venir dimenticata, chiedeva appunto che le luci non venissero spente. Ci riusciremo? Assieme alla ricostruzione, ora questa \u00e8 davvero la sfida principale.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"Mentre tentavo di capire dove avesse colpito\u00a0quell’onda maligna che aveva scosso il mio letto nel cuore di Roma\u00a0–\u00a0proprio come nel 2009\u00a0– alle quattro del mattino\u00a0una telefonata\u00a0del mio direttore\u00a0mi ha catapultato in una dimensione di racconto giornalistico che non praticavo da tempo, quella dell’Italia. Con il\u00a0sisma avevo gi\u00e0 una certa confidenza, purtroppo, avendo vissuto il dramma […]<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":0,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":[],"categories":[21],"tags":[184,1127,1288,1547,1736,1852,1860],"yoast_head":"\n
Abbecedario dal sisma - Nico Piro<\/title>\n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n \n\t \n\t \n\t \n