{"id":1184,"date":"2010-12-22T02:26:01","date_gmt":"2010-12-22T00:26:01","guid":{"rendered":"http:\/\/nicopiro.wordpress.com\/?p=1184"},"modified":"2010-12-22T02:26:01","modified_gmt":"2010-12-22T00:26:01","slug":"la-guerra-revisionata","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/nicopiro.it\/2010\/12\/22\/la-guerra-revisionata\/","title":{"rendered":"La guerra “revisionata”"},"content":{"rendered":"
Quasi nessuno se n’\u00e8 accorto<\/strong> ma la settimana scorsa a Washington \u00e8 successo qualcosa che avrebbe dovuto essere storia e che invece \u00e8 finita con l’essere piccola cronaca. Una vicenda che sa molto di Italia, o meglio di politica all’italiana fatta di grandi impegni e puntate sulla memoria corta quando arriva il momento di attuarli. Certo la posizione di Obama in parlamento \u00e8 cambiata rispetto a quando aveva annunciato la “surge” afghana (l’aumento delle truppe) ora che i democratici sono usciti con le ossa rotte dalle elezioni di medio-termine e il presidente deve scendere a patti\u00a0con i Repubblicani(come ha fatto nel caso della triste conferma del provvedimento di Bush per un taglio delle tasse ai pi\u00f9 ricchi). Eppure di fronte a risultati incerti e soprattutto all’impossibilit\u00e0 di fissare una data per il ritiro delle truppe, l’amministrazione Obama ha preferito ridimensionare l’importanza \u00a0della “review” ovvero la revisioni (intesa come valutazione) della strategia afghana e annunciare quasi in sordina gli esiti. Sotto tono, nonostante ci troviamo praticamente a met\u00e0 strada rispetto ai 18 mesi ovvero all’arco di tempo che il presidente si era dato per la sua escalation bellica che non sembra finita qui.<\/p>\n Dalla “revisione” <\/strong>emerge che ci sono miglioramenti sul campo anche se “fragili e reversibili” (dicitura che giustifica la prosecuzione della spinta militare) e soprattutto che il problema resta oltre-frontiera ovvero in Pakistan, base logistica della guerriglia e di Al Qaeda (una sintesi qui). Anche se il vicepresidente Biden, pochi giorni dopo al programma televisivo “Meet the Press”, si \u00e8 affrettato a dire che nel 2014 \u00a0le truppe americane saranno tutte a casa, in realt\u00e0 l’impegno di Obama di cominciare il ritiro delle truppe americane in pi\u00f9 a partire dal giugno 2011 \u00e8 chiaro che non verr\u00e0 mantenuto e che lo scontro all’interno dell’amministrazione si gioca proprio sui numeri di un ritiro che potrebbe iniziare in maniera simbolica. Il rischio pi\u00f9 grande che vedo in questo documento mi sembra sia un’altra escalation bellica<\/strong>. In pratica, come accadde per i russi, siamo passati dalla fase del “abbiamo poche truppe” alla fase del “il problema \u00e8 oltre confine”, un po’ come con la Cambogia durante la guerra del Vietnam. A proposito, dimenticavo.<\/strong> Due giorni dopo la presentazione della review, la conta delle vittime militari occidentali in Afghanistan raggiungeva la quota record di 700 unit\u00e0, il 2010 \u00a0\u00e8 il peggior anno di sempre per le truppe straniere dalla cacciata dei talebani…ma questo purtroppo lo sapevamo da settembre.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Quasi nessuno se n’\u00e8 accorto ma la settimana scorsa a Washington \u00e8 successo qualcosa che avrebbe dovuto essere storia e che invece \u00e8 finita con l’essere piccola cronaca. Una vicenda che sa molto di Italia, o meglio di politica all’italiana fatta di grandi impegni e puntate sulla memoria corta quando arriva il momento di attuarli. […]<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":0,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":[],"categories":[21],"tags":[],"yoast_head":"\n
\nMi \u00e8 molto piaciuto l’articolo del NY Times<\/a> che definisce la review (qui il documento declassificato <\/a>) come una relazione pi\u00f9 importante per quello che non ha detto che per quello che ha detto. In pratica manca tutta la parte sulla “surge” civile, ovvero sulla ricostruzione (mancata) e sul nodo di fondo ovvero che il governo Karzai non \u00e8 cambiato e che quindi si continua a combattere per una struttura di potere che spesso e volentieri deruba e opprime il suo popolo.<\/p>\n
\nIn Pakistan la campagna di bombardamenti condotta da aerei senza pilota \u00e8 senza tregua, ormai dall’attacco del capodanno dell’anno scorso alla base Chapman che costo la vita ai vertici della Cia in Afghanistan, gli attacchi si sono svolti a giorni alterni in questo 2010, un ritmo mai raggiunto prima.\u00a0Attacchi che tutto sommato in aree cos\u00ec remote e pericolose rendono il problema delle vittime civili mediaticamente “trascurabile” (anche se apre un capitolo nuovo la recente azione giudiziaria della famiglia di una vittima innocente che ha poi portato al richiamo in patria per motivi di sicurezza del capostazione Cia a Islamabad<\/a>). Gli attacchi negli ultimi giorni si sono estesi all’area del Kyber pass, sin’ora lasciata indenne come un altro possibile obiettivo ovvero l’area di Quetta. E’ chiaro per\u00f2, nell’ottica di questa escalation, che non si pu\u00f2 colpire solo dall’alto, non a caso oggi il NY Times riporta di come si stia lavorando ad ipotesi di raid oltrefrontiera<\/a> un modo per esportare la guerra nel gi\u00e0 instabile Pakistan, con conseguenze imprevedibili. Sulla review e sui fantasmi di un’ulteriore escalation militare mi sono piaciuti questi due articoli su Foreign Policy (1<\/a> – 2<\/a>)<\/p>\n