{"id":1083,"date":"2010-10-23T23:44:29","date_gmt":"2010-10-23T21:44:29","guid":{"rendered":"http:\/\/nicopiro.wordpress.com\/?p=1083"},"modified":"2010-10-23T23:44:29","modified_gmt":"2010-10-23T21:44:29","slug":"un-click-per-joao","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/nicopiro.it\/2010\/10\/23\/un-click-per-joao\/","title":{"rendered":"Un click per Joao"},"content":{"rendered":"
A rileggerla oggi, purtroppo, <\/strong>la storia professionale del fotografo portoghese Joao Silva suona come una sorta di segno premonitore; noto per essere uno dei quattro fotoreporter del “bang-bang club” che si dedicarono a coprire la violenza di strada nel Sud Africa del post-aparteheid negli anni ’90.<\/p>\n Joao Silva<\/strong> \u00e8 stato gravemente ferito nella provincia di Kandahar, saltato su una mina mentre era al seguito della quarta divisione di fanteria dell’esercito americano. Lo ha reso noto il New York Times<\/a>, per conto del quale era in Afghanistan. La dinamica dell’incidente non \u00e8 chiara e forse non lo sar\u00e0 fin quando – speriamo presto – Joao sar\u00e0 in grado di raccontarla. Soprattutto per chi lavora con le immagini ed ha bisogno di spostarsi alla ricerca di cambi di campo e inquadrature alternative, lavorare al seguito delle truppe in Afghanistan \u00e8 sempre pi\u00f9 rischioso soprattutto quando si avanza anticipando la colonna o il convoglio a cui si \u00e8 aggregati.\u00a0Soprattutto al sud, favoriti dal terreno piatto (a volte desertico a volte coperto da una fitta vegetazione e dai canali dell’irrigazione, trincee “naturali”) i ribelli ricorrono in maniera sempre pi\u00f9 massiccia agli IED, gli ordigni nascosti e sempre meno individuabili. Ormai il loro potere esplosivo \u00e8 cresciuto talmente tanto da non rendere indispensabile l’ “imbottitura” con schegge metalliche e chiodi che ne aumentano la forza distruttrice (come sparare migliaia di proiettili in ogni direzione, allo stesso momento) ma le rendono anche visibili ai metal-detector. L’incidente \u00e8 avvenuto nel distretto di\u00a0Arghandab, l’area che gli americani da mesi stanno provando a riportare sotto controllo con piccole operazioni diffuse, dopo il fallimento della spettacolare quanto vana offensiva della relativamente poco distante Marja nel febbraio scorso<\/p>\n Silva \u00e8 l’ennesimo giornalista <\/strong>che viene seriamente ferito (o muore, per fortuna non \u00e8 questo il caso) durante un embed sul mobile e sfuggente fronte afghano. Non \u00e8 chiaro quanto gravi siano le ferite riportate da Silva, ferite che sarebbero concentrate alla gambe. Il sito di Silva<\/a> racconta del suo straordinario lavoro, visitarlo \u00e8 forse l’unico modo che abbiamo per stargli vicino in un momento del genere.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" A rileggerla oggi, purtroppo, la storia professionale del fotografo portoghese Joao Silva suona come una sorta di segno premonitore; noto per essere uno dei quattro fotoreporter del “bang-bang club” che si dedicarono a coprire la violenza di strada nel Sud Africa del post-aparteheid negli anni ’90. Joao Silva \u00e8 stato gravemente ferito nella provincia di […]<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":0,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":[],"categories":[21],"tags":[110,626,657,694,750,808,841,907,993,1014,1205,1285,1288,1547,1860],"yoast_head":"\n